martedì 4 novembre 2014

IO E DONA FLOR.

Sulla pista il braccio di Vadinho la circonda, e lei si sente il corpo leggero leggero, nella cadenza della musica … Nel salone del Palace, loro due che ballavano:un tango di dolcezza e voluttà, tanto da giovani innamorati innocenti e tanto da lubrici amanti. Era come se si fossero trovati nuovamente, soggiogati dallo stesso fascino di allora, risentendo l’emozione del primo incontro, del primo sguardo, del sorriso iniziale, del reciproco rapimento, ma restando tuttavia gli amanti maturati nel corso di quei sette anni, un lungo tempo da soffrire e amare …  casta donzella Dona Flor … e ardente femmina, nelle mani di Vadinho, suo marito. Un tango come quello mai era stato danzato, così limpido di tenerezza, così oscuro di sensualità …”.
            Jorge Amado - DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI
 

Che altro dire di questo romanzo? Che è un’esplosione di colori, suoni e odori di Bahia, magica città del Brasile più verace. Basterebbe solo questo.

In realtà non ho amato subito questo libro. L’ho acquistato qualche anno fa e quando ho iniziato a leggerlo confesso che mi sono arenata dopo un paio di capitoli.
Non riuscivo a star dietro a tutti quei personaggi, quei nomi, quegli aneddoti che inframmezzano in continuo la storia principale. Quei continui salti temporali, i rimandi a episodi del passato. Così per molto tempo l’ho accantonato.

Poi  quest’estate, rimettendo a posto la libreria della casa al mare mi è ricapitato in mano. Aveva ancora il segnalibro dove l’avevo lasciato.
Mi sono sentita un po’ in colpa nei suoi confronti. Di solito non lascio mai un libro a metà. Piuttosto ne leggo due contemporaneamente, tanto per alternare quello che mi piace meno con uno un po’ più avvincente, ma li finisco sempre.

Così ho deciso che dovevo riprendere la lettura. Glielo dovevo.
Per di più parla in qualche modo anche di cucina e di Brasile, che quest’estate era quanto mai di moda. Un segno del destino.
Questa volta mi ha preso subito. Ci sono passaggi a volte un po’ più lenti e magari una sintassi e una terminologia non proprio moderne, ma la storia è molto divertente.

Bisogna lasciarsi trasportare dalla vicenda, dai personaggi tutti molto pittoreschi, dall’ambientazione e anche dal modo di raccontare dell’autore.
È come ritrovarsi improvvisamente seduti sull’uscio di casa, in una via di un sobborgo di Bahia, al tramonto, in compagnia di un gruppo di donne che chiacchierano animatamente, spettegolano sui fatti del quartiere e della città intera, interrompendosi a vicenda, aggiungendo ognuna un particolare o un aneddoto, un nome, una storia nuova, saltando apparentemente di palo in frasca per poi ritornare sulla storia principale. All’inizio sembra di non riuscire a capirci nulla, si fa fatica a star dietro a tutti i discorsi. Poi pian piano ci si abitua a i modi di dire, ai nomignoli, tanti e diversi per una stessa persona, alla lentezza dei racconti che sembrano non avere una conclusione, ma poi all’improvviso si arriva in fondo.

Questo è lo spirito con cui ho letto questo libro adesso e non solo sono arrivata alla fine abbastanza velocemente, considerando il numero di pagine, ma mi è venuta voglia di leggere ancora qualcosa di questo autore, Jorge Amado, e del suo paese.

La storia racconta di Dona Flor che è rimasta improvvisamente vedova del suo adorato Vadinho, bellissimo e alquanto eccessivo marito, che le ha fatto passare gli anni da giovane sposa in un continuo turbinio di emozioni diverse: dall’amore più sfrenato nelle loro notti di passione, alla rabbia di vederlo sempre dedito all’alcool, al gioco e alle donne.
Dopo la morte di Vadinho, Flor affronta un periodo di disperazione e solitudine nel continuo rimpianto e desiderio di suo marito. Grazie alle sue amiche riprende in mano la sua vita, riapre la sua “Scuola di culinaria sapore e arte” di cui è direttrice e insegnante e piano piano rifiorisce nuovamente.
Infatti da li a poco trova un altro marito, questa volta non solo piacente e affettuoso ma anche onesto e rispettabile. L’esatto opposto di Vadinho, che se dimenticato non è, almeno non tormenta più la povera Flor, ne in vita ne nei sui sogni di vedova. Forse.
In realtà sarà proprio Flor che risveglierà, con l’aiuto della magia del Candomblè, il fantasma di Vadinho per averlo nuovamente per se, amante e ballerino appassionato.

Nella storia come dicevo si parla spesso di cucina, vengono nominati i piatti tipici della cucina bahiana e del Brasile in generale, vengono date addirittura un paio di ricette.
La cucina bahiana è molto legata alle feste religiose e popolari, alcune sono di chiara origine portoghese altre derivano dalla cultura africana, quella degli schiavi neri, e quindi sono in qualche modo legate ai riti di magia e superstizione.

Trovare le ricette originali non è stato difficile. Sono tanti i siti di cultura brasiliana,  soprattutto dopo questa estate dei mondiali di calcio carioca.

Quello che è difficile è riuscire a riproporli fedelmente, innanzi tutto perché ci sono ingredienti davvero difficoltosi da reperire: per esempio i gamberetti secchi, la farina di mandioca, il quiabo (detto anche Gombo o Bamia, si tratta di un frutto di origine africana) o l’onnipresente olio di dendè.
Ma anche trovare il semplice latte di cocco in lattina non è così facile come potrebbe sembrare, soprattutto in piccole cittadine di provincia, a Roma magari è un’altra storia.

Inoltre il nostro palato mediterraneo non sempre riesce ad accettare sapori e  accostamenti così particolari: tipo il latte di cocco con il pesce, la frutta esotica nei piatti salati di carne, la frittura piuttosto pesantina nell’olio di dendè.
Così ho dovuto ingegnarmi e trovare un piatto che potesse essere fattibile con ingredienti reperibili e anche un po’ meno esotico, tanto da non spaventare i miei commensali tradizionalisti.

Ho, solo temporaneamente, accantonato piatti elaborati come il Caruru o il Vatapà, zuppe saporitissime a base di quiabo e gamberetti la prima e pesce misto, cocco, peperoncino e pane la seconda. Entrambe tipiche di Salvador de Bahia e sacre alle divinità del Candomblè. Altro piatto tipicamente bahiano e molto caro a Jorge Amado è l’Acarajé, venduto in piccoli chioschetti per le strade, è una sorta di crocchetta di fagioli tritati fritta (in olio di dende) e ripiena di cipolle e gamberetti secchi, ovviamente tutto ben condito di peperoncino.
Ma non ci ho rinunciato, sia chiaro, ho solo posticipato in attesa di trovare gli ingredienti giusti e i commensali giusti.

Al momento mi sono dedicata a qualcosa di più facile ma altrettanto goloso. Due dolcetti, semplici e sfiziosi. Che si possono sgranocchiare in compagnia di qualche amica tra una chiacchiera e l’altra, sorseggiando una bevanda fresca, una Batida de coco per esempio.
Oppure si possono piluccare insieme all’amato per rendere ancora più speciale una serata romantica o passionale. 
Sto parlando dei Beijinhos de coco e dei Brigadeiros. Sono dei semplici tartufini a base di cocco i primi e di cioccolato i secondi. Facili e golosissimi.
Anche se sono fatti di pochi ingredienti, ho trovato ugualmente ricette sensibilmente diverse tra loro. Dopo varie prove ho scelto queste due.

 
 
 
 
 

BEIJINHOS DE COCO.

Per circa 48 pasticcini:
400g latte condensato (1 lattina),
100g cocco disidratato tritato,
1 noce di burro,
cocco per guarnire.

Mettete il burro e il latte condensato in un pentolino a fondo spesso, fate sciogliere il burro e cuocere per 5 minuti  a fuoco basso, mescolando in continuazione. Attenzione che tende ad attaccarsi.
Versate il cocco, mescolare per amalgamarlo bene e cuocere ancora per un paio di minuti.
Versate il composto in un piatto e far raffreddare. Mettete in frigo per almeno una mezzoretta così si solidifica.
Con l’aiuto di due cucchiaini formate delle palline di circa 2-2,5cm di diametro e passatele nel cocco grattugiato in modo da ricoprirle bene. Disponetele nei pirottini di carta e mettetele in frigo per qualche ora.
Si conservano in frigo per qualche giorno in una scatola a chiusura ermetica.

 
 
 
 

BRIGADEIROS.

Brigadeiro è il titolo dell’ufficiale al comando di una brigata.
Questi dolcetti si dice siano stati inventati in onore della campagna elettorale del “Brigadeiro” Eduardo Gomo nel 1946, che ha perso le elezioni ma i pasticcini sono rimasti.

Per circa 48 pasticcini:
1 lattina di latte concentrato (circa 400g),
3-4 cucchiai di cacao amaro,
1 noce di burro,
codette al cioccolato.

Si preparano come i primi sostituendo il cocco col cacao e completando con le codette.

 
 
 
 
 

VERSIONE PERSONALE.
(Ca va sans dire!)
Al composto di burro e latte ho unito 60g di cocco e 2 cucchiai di cacao amaro. Ho proceduto come per le altre ricette. Ho poi passato le palline in un misto di cocco e codette di cioccolato.
Perfetti. A Dona Flor piacerebbero.

 
 
 
 
 

A proposito di rivisitazioni ed esperimenti. Me ne sono venuti in mente altri utilizzando sempre il latte concentrato, che detto fra noi è la prima volta che uso ma mi si è aperto un mondo. Per cui restate sintonizzati perché penso che ci saranno altri “bacetti” in arrivo da queste parti. Tanto più che siamo già in vista del Natale.

 
Vi lascio qualche link dove potrete trovare queste e altre ricette brasiliane.
www.wara.it/brasile
www.italianobrasilero.com
www.saborbrasil.it

 
 
 


4 commenti:

  1. Mi conquisti tu, questo libro devo leggerlo e nel mentre mi mangio una di queste delizie... sei adorabile, un bacione

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  2. Rispondo solo ora. Sono imperdonabile. È un periodo che perdo colpi. Comunque sono sempre felice di avere una tua visita. Grazie
    A presto.

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  3. Bellissimo post su Jorge Amado, Manuela :) e bellissime le tue ricette!! grazie del contributo

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  4. Davvero interessanti...e non ho mai letto Amado, la letteratura sudamericana mi piace molto ma ancora delle lacune!!! Grazie del suggerimento!!!

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