lunedì 27 ottobre 2014

CANESTRELLI … PER NECESSITÀ E PIGRIZIA.

Questa è la settimana che precede Halloween. Sul web imperversano dolci di ogni tipo, biscotti, cup cakes e quant’altro. Tutto naturalmente a tema.
Quindi una profusione di scheletri, zucche, pipistrelli, mummie. In un orgia di pasta di zucchero e glasse varie.
Si vedono cose talmente fatte bene che è persino un peccato mangiarle.

Come al solito io non seguo la tendenza.
Non per snobismo. Sia chiaro.
Adoro tutte le feste. Soprattutto quelle che forniscono un’ottima scusa per mangiare schifezze varie. Ci mancherebbe. Questa non è da meno.
Anche se non è una festa italiana ormai l’abbiamo adottata checché se ne dica.

Più che altro io sono distratta e pigra.
Non ho voglia di girare per centri commerciali, o negozi di casalinghi, per cercare il colorante alimentare del colore giusto o lo stampino a forma di mostro.

Anche perché ogni volta che entro in questi luoghi di perdizione rischio davvero di scomparire inghiottita da una pila di tortiere in silicone colorato. Se riesco a uscirne viva poi arrivo a casa carica di cose inutili, magari senza ciò di cui ero andata in cerca.

Poi lo so che mi prenderà la smania dell’ultimo minuto e mi ritroverò venerdì a infornare biscotti a forma di ragno, incalzata da mio figlio che brandisce il lecca pentola come la spada di Aramir nel Signore degli Anelli.

Ma oggi è solo lunedì. Quindi, tutto tace.

Oggi invece propongo dei semplici biscotti della tradizione ligure. I canestrelli.
La ricetta è della mia amica Francesca di Varazze, la ricetta della sua famiglia per la precisione.

Sono delle rotelline di delicata pasta frolla, ricche di burro. Di solito spolverate con zucchero a velo. Molto semplici da fare.
Sono leggermente profumate con buccia di limone, ma anche la vaniglia va bene, o l’arancia, o l’aroma di mandorle.

Lo stampino classico è rotondo, col bordo festonato, un po’ a fiore e col buco in mezzo. Ma ognuno può ritagliarli come vuole. Per esempio si possono fare dei biscottini natalizi.
A pensarci bene: se mi fossi procurata prima quei benedetti taglia biscotti di Halloween …

 

 








CANESTRELLI LIGURI.
500g farina 00,
300g burro,
150g zucchero semolato,
2 tuorli,
la scorza di ½ limone (non trattato) grattugiata,
un pizzico di sale.

Lasciate ammorbidire il burro a temperatura ambiente per circa mezz’ora.
Setacciate la farina e fate la fontana sulla spianatoia. Unite al centro tutti gli ingredienti e impastate velocemente ma in maniera energica in modo da avere un impasto omogeneo.
Se occorre unite poco latte freddo o altra farina, a seconda di com’è la consistenza dell’impasto.
Avvolgete l’impasto in una pellicola per alimenti e mettete in frigo per almeno mezz’ora.
Stendete la pasta a uno spessore di ½ cm circa e tagliate i biscotti a piacere.

Per i veri canestrelli ci vorrebbe il taglia biscotti a forma di fiore col foro al centro, o al massimo tondo. Ma si possono ritagliare con forme a piacere. L’importante che abbiano tutti più o meno la stessa dimensione così cuociono in maniera regolare.
Disponete i biscotti sulle placche leggermente imburrate o coperte di carta forno.
Metteteli ancora in frigo per circa mezz’ora.

Infornate a 200° per 10-15 minuti. Devono leggermente dorarsi.
Se volete potete servirli cosparsi di zucchero a velo.

Io non avevo il limone non trattato. Non avevo nemmeno i limone se è per questo, così ho unito all’impasto tre cucchiai di limoncino. L’alcool in cottura si disperde e rimane solo l’aroma.

 



La scoperta dell’acqua calda:
se avete dei tuorli da utilizzare (per  esempio se avete fatto meringhe o macarons e avete usato molti albumi) potete preparare l’impasto dei biscotti e congelarlo. Quando serve si lascia scongelare in frigo finchè è abbastanza morbido da poterla stendere col mattarello. Poi si utilizza come quello fresco.

Potete congelare i biscotti già fatti, sistemandoli in vassoi di carta. Una volta duri metteteli nelle vaschette di alluminio, anche sovrapposti. Per cuocerli basta lasciarli una mezz’oretta a temperatura ambiente, poi si infornano a 180° per circa 15-20 minuti.
In questo modo avrete una merenda veloce e sempre pronta.

In realtà non mi è mai venuta in mente la possibilità di congelare la frolla o addirittura i biscotti pronti da infornare. L’ho scoperto chattando con altre food blogger. Non si finisce mai di imparare.

Anche perché la frolla, in tutte le sue varianti, è davvero facile e veloce da impastare. Però in effetti a volte ci si ritrova con dei tuorli da usare e poco tempo per cuocere torte, biscotti, budini e quant’altro.

Non si può nemmeno annegare nella crema pasticcera ogni volta che il cervello ha bisogno di una scarica di adrenalina e decide che bisogna preparare i macaron (del mio amore-odio per questi dolcetti ne ho già parlato QUI, ma credo che presto continuerò la storia … al peggio non c’è mai fine!!)

Inoltre i tuorli non resistono a lungo da soli, a differenza degli albumi che si mantengono anche per qualche giorno in frigo se chiusi ermeticamente. I tuorli vanno usati subito, al massimo il giorno dopo.
La frolla è la soluzione migliore. Si impasta velocemente. Poi si congela. Finito.


 
 
 
 
 
 

giovedì 23 ottobre 2014

SAGRA DELLA LASAGNA PARTE II ...

… o III. Boh! A questo punto ho perso il conto.
Comunque sia, questa è la seconda portata di lasagna del pranzo di domenica scorsa.
Come ho già detto nel post precedente ho preparato ben due lasagne diverse e ce le siamo sbafate tutte a pranzo. Ovviamente non ho cucinato il secondo e anche come antipasto mi sono limitata. Solo due, rapidi e indolori, tanto per asciugare il Prosecco di Valdobbiadene dell’aperitivo.
Non potevamo certo lasciarlo scendere nello stomaco da solo. Vi pare?

Anche perché le lasagne hanno i loro tempi. Vanno aspettate, desiderate. Dopo la cottura in forno devono farsi attendere ancora qualche minuto, si devono riposare un po’. Mitigare il calore da metallo fuso che riescono a raggiungere. In modo da riuscire a goderne appieno il sapore. (Si sa che con la bocca ustionata poi i sapori non si distinguono molto bene.)
Ma alla fine sono pronte e arrivano in tavola in tutto il loro splendore.

La prima ad arrivare è stata la lasagna al pistacchio che ho già postato prima. Un po’ più fresca e delicata, per quanto una lasagna possa esserlo.
La seconda quindi, per la regola che prevede un crescendo di sapori e “pesantezze” nel menù, poteva e doveva essere un tantino più corposa e succulenta.

Quando ho iniziato a elaborare la ricetta la prima cosa che mi è venuta in mente sono le castagne. Perché è autunno, anche se non sembra. Perché questo è il periodo in cui ci sono caldarroste ovunque.
In associazione si sono palesati immediatamente nel mio cervellino anche i porri, la salsiccia e la birra. Questo abbinamento l’ho già utilizzato parecchie volte, per esempio in certi gnocchi di castagne con crema di porri, con cui ho vinto persino un contest con Andrea Ribaldone proprio l’anno scorso ( e scusate se me la tiro un tantino). Trovo che insieme siano perfetti.

Però mi sono accorta che non ero l’unica a pensarla così. Infatti questi ingredienti sono stati utilizzati anche nell’ambito dell’MTChallenge. Perché poi è di questo che stiamo parlando. Della sfida di ottobre. Quella sulla lasagna.
Utilizzati e con risultati da applauso.

Allora che fare. Ormai avevo i porri, quelli dolci di Cervere. La farina di castagne per la sfoglia. La birra rossa. No, ormai ero in ballo. Però … invece che la salsiccia … una carne saporita … un ragù bianco … con i porri … ma certo!

 









Con questa ricetta partecipo alla sfida n°42 di ottobre dell’MTChallenge, proposta da Sabrina del blog “Les madeleines di Proust”. Se volete vedere come si fa una vera lasagna alla bolognese andate da lei.



LASAGNE ALLE CASTAGNE CON RAGÙ BIANCO DI PORRI E AGNELLO ALLA BIRRA.

Ingredienti per 6-8 persone.
 
Per la pasta:
100g farina di castagne,
100g farina integrale,
100g farina 0,
3 uova,
1dl birra rossa,
sale.

Per il ragù:
2 porri di Cervere,
500g carne di agnello ( pancia o collo) macinata,
1 bicchiere di birra ambrata,
brodo di verdure,
1 foglia di alloro,
olio extra vergine d’oliva,
2 cucchiai di panna,
sale, pepe.

Per la besciamella:
1 litro di latte intero,
3 cucchiai di fecola (amido di mais o farina 00),
noce moscata,
sale.

Innanzi tutto si prepara il ragù.
Pulite e tritate grossolanamente i porri, metteteli in una pentola a fondo spesso con due cucchiai d’olio d’oliva e fateli rosolare leggermente. Bagnateli con un mestolo di brodo bollente e fateli stufare a fuoco basso finchè il brodo non è asciugato.
Unite la carne macinata e fatela rosolare tre quattro minuti a fuoco vivo, bagnate con la birra e fatela evaporare. Coprite a filo con il brodo caldo, aggiungete l’alloro e fate cuocere a fuoco lento per almeno un’ora. Se dovesse asciugare troppo in fretta unite altro brodo caldo.
Mantecate con due cucchiai di panna fresca. Fate addensare pochi minuti e aggiustate di sale e pepe.

 
Preparate la “finta” besciamella:
Qui la specificazione è d’obbligo. Finta. Perché la vera besciamella, la si deve fare partendo da un roux, cioè facendo tostare la farina nel burro fuso, formando una cremina. Poi si aggiunge il latte, caldo per non avere grumi. Ma per alcuni invece freddo, perché è lo shock termico che non fa formare grumi. Scuole di pensiero. Ma tant’è i grumi sono sempre in agguato.
Ora, io non pretendo di insegnare nulla a nessuno e nemmeno di rivoluzionare una ricetta basilare della cucina internazionale. Però questa volta ho fatto la besciamella così come la si prepara a casa mia da sempre. Per evitare guerre sante la chiamerò finta besciamella. E amen.
Di diverso c’è che praticamente si può omettere il burro e qualsiasi condimento. Basta il latte. Così è molto più leggera. Se usate la fecola o l’amido di mais invece della farina diventa ancora più delicata.
È facilissima da fare. La farina, o fecola, non rischia di bruciare nè di raggrumarsi. E si cuoce perfettamente. Provate. Poi mi direte.

Mettete la fecola, un pizzico di sale e una generosa grattata di noce moscata in una ciotola, aggiungete poco per volta latte tiepido a filo mescolando con una frusta, pian piano in modo che non si formino grumi. Dovete ottenere una pastella liscia.
Continuate ad aggiungere il latte tiepido a filo, sempre mescolando, diluendo la pastella. Versate tutto in un pentolino a fondo spesso. Mettete sul fuoco e portate ad ebollizione mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno. Fate cuocere a fuoco moderato finchè la salsa vela il cucchiaio. Spegnete il fuoco e fate intiepidire coperto, dando una mescolata di tanto in tanto perché non si formi la pellicola in superficie.
A questo punto si può mantecare con una noce di burro. Ma in questo caso non l’ho fatto per non appesantire troppo il piatto.



 
Preparate la pasta:
Impastate le farine con le uova, la birra e un pizzico di sale. Lavorate l’impasto finchè è elastico e omogeneo. Avvolgetelo nella pellicola e lasciatelo riposare una mezz’ora.
Tirare la pasta molto sottile col mattarello (o con la macchina apposita) e ricavate tanti quadrati di sfoglia. Metteteli su dei canovacci puliti o su vassoi di carta infarinati e fateli asciugare leggermente.
Portate ad ebollizione abbondante acqua salata, cuocete per 2-3 minuti i quadrati di pasta, scolateli con la schiumarola e stendeteli su un canovaccio pulito.

 




 
Preparate la lasagna:
cospargete un filo d’olio e un sottile strato di besciamella sul fondo di una teglia antiaderente, disponete uno strato di pasta, coprite con la besciamella, il ragù e infine cospargete con parmigiano grattugiato. Continuate con la pasta, la besciamella, il ragù e il parmigiano.
Proseguite in questo modo fino a terminare gli ingredienti.
Infornate a 200° per 15-20 minuti. Fate riposare 5 minuti e servite.



Si possono preparare le lasagne anche in anticipo. Io le ho fatte il giorno prima.
Le ho preparate pronte nella teglia e la mattina dopo le ho infornate normalmente.



 
 


 
 
 
 
 
 

martedì 21 ottobre 2014

LASAGNAMO?

Oggi non so proprio cosa scrivere. È almeno un’ora che passo davanti al PC acceso. Scrivo una frase. Poi cancello. Di solito le mie premesse alle ricette sono lunghe e articolate.
Quando proprio non salto di palo in frasca.
Oggi no. Sembra che non abbia più nulla da raccontare.
Sarà che mi sento un tantino spossata dopo una settimana con l’imbianchino in casa e con tutto ciò che questo comporta: mobilio spostato, pulizia di fino di ogni superficie lavabile, lavatrice a pieno regime e pile di cose da stirare. Per fortuna il tempo è  stato clemente.

Comunque sono sopravvissuta.
Anche il cane è sopravvissuto. Anche se lei non voleva saperne di scendere dal divano. Anche quando lo abbiamo spostato e ricoperto di teli impermeabili. Ci si è arrampicata sopra lo stesso ed è rimasta li a dirigere i lavori sbuffando e brontolando. Poi ho dovuto smacchiare pure lei.

Ma nonostante tutto questa domenica ho “lasagnato” anch’io.
Ormai questo termine entrerà anche nello Zingarelli. Perché, nel caso non ve ne foste accorti, questo è il mese delle lasagne. Almeno per il web. Almeno per quella fetta di web, neanche tanto piccola, che partecipa all’MTChallenge.

Questa domenica ho deciso di fare una Lasagna Party cioè un pranzo a base di lasagne. Giusto un paio di sfiziosità da sgranocchiare con l’aperitivo, poi due tipi di lasagne diverse e un dolce goloso a concludere.
Comincio a raccontarvene una. Inizio da quella che ha aperto il pranzo vero e proprio.
In un menù che si rispetti i piatti devono seguire un ordine preciso partendo da quelli di sapore più delicato a quelli più saporiti e robusti.
Quindi io ho iniziato con una lasagna al pistacchio profumata al limone.

L’idea l’ho avuta partendo dalla pasta al pistacchio che ho postato qualche giorno fa.
O meglio, l’idea me l’ha data mio figlio, che aveva gradito molto quel piatto.
Visto che a ogni sfida dell’MTChallenge poi viene coinvolta un po’ tutta la famiglia, perché ognuno vuol dire la sua, propone idee e accostamenti. Poi di solito faccio come mi pare.

Ma questa volta il cucciolo di casa mi ha convinto.
Quindi ho rifatto la stessa pasta con pistacchio e ricotta ma in forma di lasagna. In più l’ho profumata con il limone.
Ero quasi propensa di mettere del baccalà e bottarga grattugiata, al posto della pancetta che avevo già utilizzato. Ma non ho trovato quest’ultima.

Così ho abbandonato pure il baccalà, che però ha trovato degno utilizzo in uno degli antipastini di cui sopra. Nello specifico l’ho cucinato alla Brandacujun, delizioso piatto ligure (e sottolineo ligure, non francese!!!) che potete trovare QUI, se vi interessa.
Insomma eccovi la prima lasagna. Ai fini della gara in realtà è la seconda, ma quella era di riscaldamento. Comunque questa è la prima del pranzo domenicale. L’altra la vedrete prestissimo su questa rete.

Tutta la mia famiglia, suoceri compresi, ringraziano sentitamente Sabrina Gasparri del blog Les madeleines di Proust per aver lanciato questa sfida all’ultimo mattarello.

 

 
 
 
 

LASAGNE AL LIMONE CON RICOTTA, PISTACCHI E PANCETTA.

Ingredienti per 6-8 persone.
Per la pasta:
150g farina 0,
150g semola fine,
3 uova,
1 limone non trattato,
sale.

Per la farcia:
500g ricotta piemontese fresca,
200ml panna fresca,
parmigiano grattugiato,
olio etra vergine d’oliva,
noce moscata, sale,
50g pistacchi sgusciati,
maggiorana essiccata,
100g pancetta a dadini molto piccoli,
ricotta dura salata.

Impastate le farine con il sale, le uova, la scorza di mezzo limone grattugiata e tre cucchiai di succo. Lavorate fino ad avere una pasta morbida, omogenea ed elastica. Avvolgetela in un foglio di pellicola e fatela riposare per circa mezz’ora.
Tirate la pasta molto sottile e ricavate dei quadrati. Fateli asciugare su teli puliti o su vassoi di carta.
Lessate per un paio di minuti la pasta in acqua bollente salata, scolatela con la schiumarola e stendetela su dei canovacci puliti.

 


Preparate il condimento.
Frullate i pistacchi con un bel pizzico di maggiorana secca, non troppo finemente. Non deve essere una farina.
Mescolate la ricotta con la panna, due cucchiai d’olio d’oliva, uno o due cucchiai di acqua di cottura della pasta e due cucchiai di parmigiano grattugiato. Aggiustate di sale.
Attenzione al sale perché ci sarà anche la pancetta e la ricotta dura che sono molto sapide.

Ungete con un filo d’olio d’oliva una teglia antiaderente, cospargete un paio di cucchiai di condimento alla ricotta e stendete il primo strato di pasta.
Coprite con la ricotta, distribuite la pancetta a dadini, cospargete con i pistacchi e la ricotta dura grattugiata grossolanamente. Continuate con i vari strati terminando con i pistacchi, la pancetta e la ricotta dura.
Infornate a 200° per circa 15-20 minuti. Se si dovesse asciugare troppo unire poca panna e coprire con un foglio di alluminio.

 


 




Versione di mare: ad ogni strato, sulla farcia di ricotta, distribuite del baccalà dissalato che avrete precedentemente sbollentato, spellato, privato delle spine e ridotto a scaglie. Cospargete col pistacchio e bottarga grattugiata. Ovviamente eliminate la pancetta e la ricotta dura.
 
 
 
 
 

lunedì 20 ottobre 2014

GLI GNOCCHI DI NONNA LINA.

Se c’è un piatto in grado di ridarmi il buonumore ogni volta che mi sento un po’ giù di corda sono gli gnocchi. Infatti in questo blog ne sono passati già tanti, dai gusti più disparati. Alla ricotta, alla robiola, con le zucchine, di castagne, di zucca e così via fino agli ultimi, quelli di pane, che ho postato qualche giorno fa.
Mi sono accorta che mancavano proprio gli gnocchi per antonomasia: gli Gnocchi di Patate. E pensare che li faccio spesso, ma non mi è mai venuto in mente di fotografarli e postare la ricetta.

Forse perché sono talmente conosciuti da tutti che mi è sempre sembrata una cosa banale. Eppure riguardando vecchie annate di riviste di cucina e i tanti libri di ricette che possiedo ho notato che gli gnocchi di patate compaiono sempre prima o poi. Allora non sono poi così scontati.
Anche perché non sono poi così simpatici da fare. Tendono a fregare: si tende a mettere troppa farina per avere un bell’impasto sodo da lavorare agevolmente ma in cottura diventano gommosi. Oppure se non si sta attenti ad usare le patate giuste rischiano di essere molli e una volta calati nell’acqua si sfaldano in una poltiglia informe.

Con chiunque si entri in argomento, questo avrà i suoi trucchi, la sua ricetta infallibile, l’unica vera e certa. Ma questo per quasi la totalità delle ricette della tradizione italiana, in realtà.
Ricordo ancora quando ero piccola, passavo molto tempo con le nonne e una vecchia zia.
Tutte ottime cuoche. Ricordo che la mia nonna paterna, nonna Lina, era per me “la nonna degli gnocchi”, perché quando andavo a pranzo da lei me li preparava sempre. Era così veloce che li faceva praticamente nel tempo che ci metteva l’acqua a bollire. “Perché non devono star li ad aspettare troppo – diceva- perché altrimenti si attaccano, diventano molli e vanno per l’acqua” cioè si spappolano nella pentola.
“ Mi raccomando devi sempre usare le patate vecchie altrimenti non vengono, che poi ci devi mettere l’uovo, come fa la zia Maria (sua cognata, ma poteva essere una vicina o parente a caso) che non è mica capace a farli senza.” 

La cosa certa è che una delle dispute più accanite tra le massaie era proprio questa: ci va o no l’uovo negli gnocchi di patate?
Questa diatriba non era solo fra paese e paese, ma tra vicine di casa, membri della stessa famiglia, suocera e nuora. Poteva accendere dibattiti infiniti, poteva essere causa di rancori insanabili, peggio che una puntata di Porta a Porta.
Mia zia, quella zitella, quella che non le mandava a dire a nessuno, dopo una lunga discussione con delle vicine di casa che litigavano per questo, se ne uscì con la chiosa perfetta: “Se usi le patate buone non serve l’uovo, se non sei sicura, piuttosto che rincorrere gli gnocchi col cucchiaino, metticelo. Tanto chi vuoi che se ne accorga. Poi quello che conta è la quantità di farina.”
E via con un’altra puntata di Porta a Porta.

Perché con poca farina rimane l’impasto rimane umido e  diventa sempre più molle man mano che si lavorano gli gnocchi. Quindi bisogna essere velocissime e a volte è una vera impresa riuscire a farli. Quando è così mettetevi il cuore in pace perché in cottura vi tradiranno quasi sicuramente. L’unico sistema per tentare di recuperarli è quello di cuocerli pochi alla volta in acqua sempre ben in ebollizione e scolarli con la schiumarola man mano che salgono a galla.
D’altro canto troppa farina agevola si la lavorazione ma in cottura diventano gommosi e sanno appunto di farina. Allora che fare?
Nonna Lina andava ad occhio e non sbagliava mai. Ma io?

Io dopo aver osservato più volte mamma, nonne e zie ho raggiunto questa conclusione: la farina deve essere circa 1/3 della quantità delle patate, forse qualcosina di più ma mai di meno. In qualche ricettario la quantità di farina è davvero molto minore, ma poi è veramente difficile lavorare l’impasto. Comunque mai superare la metà del peso delle patate.
Quindi per 1kg di patate cotte e sbucciate, ci vuole circa 350-400g di farina, a seconda di quanta ne assorbono le patate e di quanto è asciutta la farina. Se poi si impastano le patate ancora calde queste tendono a richiederne di più.
Conviene schiacciarle sulla spianatoia e allargarle per farle raffreddare quasi del tutto e dopo unire la dose minima di farina. Se occorre se ne aggiunge ancora un po’.
Questi sono gli gnocchi di mia nonna. Senza uovo. Per carità.

Da grande parlando con un cuoco ho scoperto che forse un po’ di ragione l’aveva, la mia nonnina. Perché gli gnocchi DI patate, alla ligure, sono in effetti così. Poi ci sono gli gnocchi CON patate che fanno in tutto il resto di Italia in cui la quantità di farina aumenta leggermente e viene messo l’uovo. Fate vobis.

 
 
 
 

 
Gnocchi di patate alla ligure.

Ingredienti per 4-6 persone:
1kg patate medie a pasta bianca,
350-400g farina,
sale.

Lavate le patate molto bene. Mettetele con la buccia in una capace pentola coperte d’acqua, salate leggermente e fatele lessare finchè sono tenere ma non molli. I rebbi di una forchetta ci devono entrare dentro senza fatica, ma non si devono rompere.
Scolatele, fatele intiepidire tanto che basta per poterle pelare senza ustioni, schiacciatele subito ancora calde e mettetele larghe sulla spianatoia. Fatele intiepidire.
Se le impastate ancora calde assorbiranno troppa farina.

Unite quasi tutta la farina e un pizzico di sale, iniziate a lavorare velocemente incorporando la farina, potrebbe anche non essere tutta necessaria. L’impasto deve essere omogeneo, morbido ma sodo. Se fosse troppo molle unite ancora poca farina.
Ricavate tanti filoni lunghi e spessi un dito, anche meno. Tagliateli a pezzettini di circa 2-3cm e passateli sui rebbi di una forchetta. Disponeteli su dei vassoi di carta ben infarinati.










Nel frattempo portate a bollore una grande pentola di acqua leggermente salata. La pentola deve essere piuttosto grande, così l’acqua non perderà il bollore quando butterete gli gnocchi e questi non si attaccheranno fra loro o alla pentola.
Scolateli man mano che salgono a galla. Potete farli cuocere anche mezzi per volta, mettendoli man mano in un piatto di portata largo, con un filo d’olio.

Conditeli a piacere. Il pesto alla ligure è l’ideale. Cercate di condirli a strati, alternando gnocchi e condimento, in maniera da non doverli rimescolare, per non romperli.


 

 
Come dicevo prima, unendo un uovo all’impasto e un po’ di farina in più sono senz’altro più consistenti. Il rischio che rimangano molli praticamente si azzera. Io lo faccio quando voglio essere sicura che mi riescano alla perfezione. Per esempio quando ho ospiti e ne devo cuocere tanti. Oppure quando non sono sicura delle patate, perché magari sono ancora troppo nuove. Ma senza uovo e con meno farina il gusto è più delicato, si sentono di più le patate.





Pesto alla ligure.

Ingredienti:
40-50 foglie di basilico,
1 spicchio d’aglio,
1 cucchiaio di pinoli,
2 cucchiai di parmigiano grattugiato,
1 cucchiaio di pecorino romano grattugiato,
olio extra vergine d’oliva,
sale.

La quantità di basilico dipende dalla grandezza delle foglie. Comunque è consigliabile utilizzare le foglie più piccole perché sono più profumate. Non bisognerebbe lasciar crescere troppo i rametti del basilico, anzi vanno potati quando crescono troppo all’altezza del secondo gruppo di foglie, partendo dal primo in fondo. Così ricresce mantenendo le foglie piccole e tenere.
 
Per l'aglio ho usato la dose minima richiesta perchè si possa parlare di pesto ligure, cioè uno sipcchio. Meno proprio non si può, non è pesto ligure, mi dispiace.
Adesso vendono anche un pesto senz'aglio "per turisti", se proprio modiate l'aglio fatelo pure, ma chiamatelo pesto al basilico, non pesto ligure. Così nessuno avraà da obiettare.
 
La proporzione tra i due formaggi varia a seconda dei gusti,  si può mettere anche metà pecorino e metà parmigiano.

Lavate le foglie di basilico e asciugatele delicatamente con una salvietta pulita.
Spellate l’aglio, eliminate l'anima centrale (ma se è fresco non occorre) e tritatelo grossolanamente o affettatelo.
Mettete il basilico, l’aglio, i pinoli e un pizzico di sale grosso nel mortaio e iniziate a pestare energicamente, schiacciando e ruotando col pestello lungo le pareti.
Unite qualche l’olio poco alla volta, sempre pestando.
Quando avete ottenuto una crema omogenea unite il formaggio e diluite con altro olio a piacere. Aggiustate di sale.

Col mixer (perchè va bene la tradizione ma a tutto c'è un limite): mettete basilico, aglio, pinoli, un filo d’olio e un pizzico di sale fino nel bicchiere del frullatore ed azionatelo ad impulsi fino ad avere un composto cremoso.
Unite pian piano altro olio e i formaggi. Aggiustate di sale.




martedì 14 ottobre 2014

LASAGNA: IT’S A WAY OF LIFE!

La lasagna non è un piatto. È uno stile di vita.”  Cit. Garfield.

O mio marito.
Perché è quello che ha più o meno espresso quando gli ho detto che questo sarà il mese delle lasagne. Non sono completamente impazzita. Semplicemente la sfida n°43 dell’MTChallenge sono proprio le lasagne. Grazie a Sabrina del blog Les Madeleines di Proust che le ha cucinate per noi insieme alla sua mamma. Loro da brave romagnole hanno fatto quelle classiche, verdi, con besciamella e ragù.

Un vanto della cucina italiana che tutto il mondo ci invidia e che tutto il mondo tenta di imitare, non riuscendoci. E quindi ci ritroviamo a dover combattere guerre sante contro improbabili ammassi di pasta, sugo simil ragù e un imprecisato conglomerato di caseina che loro chiamano formaggio.
Ma quando mai. Con la lasagna non si scherza.
Poi è chiaro che si presta a tante interpretazioni, anche perché lo Stivale è lungo e ricco di materie prime eccellenti. Poi quei sottili strati di sfoglia sembrano un letto invitante per distendervi tanti ingredienti deliziosi.

Un paio di mesi fa ho già postato le lasagne al pesto con patate, fagiolini e baccalà. Avevo fatto una sfoglia verde al basilico con poche uova. Come si fa in Riviera.
Avrei potuto rifarle, cambiando la sfoglia (e non è detto che non lo faccia), perché in questa sfida bisogna usare rigorosamente la sfoglia all’emiliana, quella classica, quella universalmente riconosciuta come La Sfoglia. Quella insomma in scala 1:1, cioè 1 uovo per 100g di farina.

Noi gente di mare e di scogli e dal mugugno libero, si sa, siamo più cauti. Noi usiamo meno uova, a seconda di cosa vogliamo farci con la sfoglia e di come la vogliamo condire.
Per le tagliatelle e le lasagne bastano 4 uova in ½ kg di farina, diventano tre per i ravioli.
Ma se sono pansotti di magro, ravioli di pesce o comunque se il condimento è di mare le uova possono scendere addirittura fino a quota zero. Ma allora come si impasta? Ma col vino bianco che domande! Non stiamo mica qui ad asciugare gli scogli.

La madre di mia suocera, ferrarese Doc, invece la sfoglia la fa sempre in scala 1:1. Anzi quando parla di sfoglia per la pasta fresca ragiona direttamente a dozzine d’uova.
Telefonata tipo: “ Ciao Maria come stai?” Lei parte con l’indice generale dell’enciclopedia medica e poi finisce con “… però sto abbastanza bene. Oggi ho impastato 12 uova di sfoglia. Poi ti mando su i cappelletti!”. Allora va tutto bene.

Quindi ho tirato fuori il mio bel mattarello. Quello di 1 metro. Che mi ha regalato una anziana vicina di casa quando mi sono sposata “perché può tornar sempre utile. Se non per la pasta, per i ladri. Ma anche per certi mariti … con quello spiani anche le corna!!” In quel senso non l’ho mai dovuto usare, per fortuna. Ma intanto è li, chi vuol intendere intenda.

Non è che sono una sfoglina provetta. D’altronde anche nonna Maria ormai si è convertita alla macchina per tirare la sfoglia. Ha pure comprato il motorino. E se anche lei fa così, figuriamoci io. Ma le signore dell’MTC hanno detto mattarello e mattarello deve essere.

Come la solito ho iniziato a rimuginare.
La prima cosa che mi è venuta in mente sono i funghi, data la stagione. Ho ricordato dei ravioloni di patate e funghi che avevo cucinato una volta, anni fa, prima che il blog avesse inizio. Li avevo conditi con una salsa alla fontina, una leggera fonduta.
Gli ingredienti c’erano. Ho aggiunto la farina di farro.
Ho mischiato un po’ le carte ed ecco e voi …

 
 





 

LASAGNE AL FARRO CON PATATE, FUNGHI E SALSA MORNAY.

 
Per le lasagne:
100g farina di farro integrale,
100g farina 0,
100g semola fine,
3 uova grandi,
un pizzico di sale.

Setacciate le farine nella spianatoia, formate la fontana e rompeteci dentro le uova, unite il sale e iniziate a sbattere le uova con una forchetta incorporando pian piano la farina intorno.
Lavorate con le mani velocemente ma non troppo energicamente fino ad ottenere un impasto liscio e morbido, non molle e appiccicoso. Se occorre aggiungete ancora poca farina, in questo caso un mix delle tre. Fate riposare in una ciotola coperta per circa 30 minuti.
Stendete la pasta col mattarello. Infarinate bene il piano di lavoro e il mattarello così non si attacca. Non fate troppa forza e procedete a stendere dal centro verso l’esterno. Date ogni volta ¼ di giro alla sfoglia per allargarla in maniera uniforme.
Alla fine dovete avere una sfoglia larga e sottile, quasi trasparente (non più di 2mm di spessore, anche troppi!). Tagliatela a quadratoni e mettetela su dei canovacci puliti o su dei vassoi di carta infarinati ad asciugare leggermente. Conviene spolverare i vassoi e la pasta di semola, così non si attacca.




 



Il selfie con la lasagna non mi è riuscito tanto bene

 

Per la Salsa Mornay (penso) alla fontina:

1 litro di latte,
50g di burro,
3 cucchiai di farina,
sale, noce moscata,
50g parmigiano grattugiato,
50g fontina DOP.

 
Sulla salsa Mornay ci sarebbe da fare una puntata su Discovery Channel.
Ogni libro che ho (e credetemi ne ho tanti, troppi) riporta una ricetta diversa. Magari sono pure libri autorevoli.
La salsa Mornay deriva dalla besciamella. E fin qui ci arrivano tutti.
Alla besciamella calda, si uniscono altri ingredienti, primo fra tutti un formaggio grattugiato, gruyère o parmigiano, o entrambi. Già i dubbi insorgono.
Da qui in poi la confusione è totale: moltissime ricette prevedono tuorli d’uovo e panna. In proporzioni diverse, ovviamente.
Sul Talismano della Felicità, madame Boni, omette entrambi, panna e tuorli, manteca con poco burro e i formaggi. Perché se si uniscono i tuorli diventa una Villeroy, che può essere di volta in volta insaporita con formaggi o verdure o prosciutto, ecc. Ma questa è un’altra storia.
Allora mi rivolgo a colui che tutto sa, G.Marchesi (inchino), e scopro che lui i tuorli non li mette. Li concede come opzione. Aggiunge però poca panna e parmigiano, che può essere sostituito in tutto o in parte con altri formaggi. Benissimo. Ne so tanto come prima.
Questa volta vince la signora Ada.

Preparare innanzitutto una besciamella piuttosto fluida. Sciogliere 30g di burro in un pentolino stemperandovi la farina, sempre mescolando far cuocere per pochi minuti senza che prenda colore (roux bianco). Unite il latte caldo continuando a mescolare.
Aggiungere un pizzico di sale, pepe e noce moscata (io il pepe non lo metto mai).
Fate cuocere 10 minuti senza smettere di mescolare.
Fuori dal fuoco unite il burro rimanente, il parmigiano e la fontina tagliata a dadini molto piccoli. Mescolate bene perché tutto il formaggio si sciolga. Lasciate intiepidire.

 
Per il condimento:
400g di funghi freschi (porcini, champignon o misti)
30g funghi porcini secchi,
1 spicchio d’aglio,
1 rametto di timo,
olio extravergine d’oliva,
4 patate medie,
parmigiano grattugiato,
sale.

Mettete in ammollo i funghi secchi in acqua tiepida per circa mezz’ora. Strizzateli e tritateli grossolanamente.  Pulite bene i funghi freschi ed affettateli o tagliateli a dadini.
Fate scaldare 2 cucchiai di olio in una padella con lo spicchio d’aglio spellato. Unite i funghi, freschi e secchi, e il rametto di timo intero.
Fateli rosolare bene a fuoco vivo. Unite due cucchiai di acqua e proseguite la cottura a fuoco moderato per circa 5 minuti. I funghi devono essere cotti ma non molli.
Eliminate l’aglio e il timo e aggiustate di sale.

Pelate le patate e tagliatele a rondelle sottili, circa 2-3 mm. Scottatele per qualche minuto in acqua bollente leggermente salata. Devono ammorbidirsi ma non devono disfarsi.
Potete usare la stessa acqua delle patate per cuocere i funghi.

 
Adesso bisogna approntare le lasagne:
Ungete con un filo d’olio una pirofila. Sul fondo fate un leggero strato di salsa.
Fate cuocere le sfoglie di pasta poche alla volta in abbondante acqua leggermente salata.
Scolatele con la schiumarola dopo 2-3 minuti di cottura.
Stendetele nella pirofila, coprite con la salsa e distribuite le patate e i funghi, completate con parmigiano grattugiato.
Continuate cos’ per altri strati di pasta. Di solito si fanno 4 strati. Terminate con salsa, patate e funghi.





Infornate a 200° per 15-20 minuti. Il tempo che la pasta termini la cottura e tutti i sapori si amalgamino bene.
Prima di servire è meglio far riposare la lasagna per 5 minuti, in questo modo si taglia meglio e si gusta meglio.





 
Ieri però, quando l’ho preparata, sono arrivata un po’ lunga sui tempi. I miei uomini sono piombati in cucina con una fame atavica, poi si sa che alla lasagna non si resiste. Così l’abbiamo mangiata subito senza aspettare e infatti … “cosa ci hai messo dentro? La lava?”.
Oltre tutto è proprio crollata da tutte le parti come una colata lavica.
Per fortuna ho messo in salvo un po'. Che raffreddandosi ha assunto un atteggiamento più composto e dignitoso. Così ho potuto fare le foto con calma. Anche perché ormai le pance erano piene. Però vi dirò che il piatto di lasagna ancora fumante, con la salsa che cola da tutte le parti ha un che di voluttuoso. Un po’ mi dispiace di non aver fotografato quello. 


 
 
 


 
 
 
 

 
 
 
 



"Io non ho mai incontrato una lasagna che non mi piacesse!"