domenica 26 luglio 2015

MANDAZI: dolci kenioti per l'ABC mondiale, perché quando il caldo si fa duro …

… i duri accendono il forno. O friggono.
Ok, ce la posso fare. Non a friggere.
A tenere in piedi tutto sto “ambaradan” di blog, intendo.
Nonostante il pc che si è ammutinato decidendo di mettersi in  malattia prima e in convalescenza adesso.
Nonostante il caldo che mi fa venir voglia solo di stare in ammollo al mare o stesa sotto un albero a leggere in montagna.
Non che mi lamenti, sia chiaro. È estate e deve fare caldo. Scherziamo? Non vogliamo mica un’altra estate uggiosa (e non ho detto di m… perché sono una signora) come quella dell’anno scorso? No, no, va benissimo così.
Solo che la voglia di starmene in casa a smanettare sul pc è poca, pochissima.
Soprattutto se si deve lottare con una connessione ballerina e un pc che va a pedali.
La voglia di "spignattare" invece non manca mai. Nemmeno, e soprattutto, quella di mangiare.





Oggi ho troppo caldo, non ho neanche appetito. Pranzerò giusto con un frutto!!
Ma quando mai? Questo per me è un concetto inconcepibile. Inaudito.
Quindi si cucina sempre e comunque. Anche se si deve accendere il forno. Anche se si deve friggere nella lava. Cucinare col caldo non mi spaventa, non più di tanto comunque.
Dopo mangiato però ho solo voglia di starmene tranquilla a leggere un buon libro.
Magari uno che mi faccia sognare di posti lontani ed esotici. Come l’Africa.
Storie che parlano di Africa ne ho lette molte.
Il libro più famoso è naturalmente “LA MIA AFRICA” di Karen Blixen, che ho amato alla follia. L’ho letto non so più quante volte e ho anche visto il film con Robert Redford e Meryl Streep. Bellissimo, ma ovviamente ho preferito il libro.
Penso lo conoscano anche i sassi: è la storia autobiografica dell’autrice che si trasferì in Kenya, presso Nairobi, col marito. Rimane li diversi anni, anche dopo il divorzio, cercando di mandare avanti da sola la sua piantagione di caffè ai piedi degli altipiani del Ngong, vivendo gomito a gomito e in perfetta armonia con le popolazioni indigene, cavalcando e accampandosi nella foresta, esplorando zone selvagge, a contatto con animali selvatici (nel 1930 non ieri!).
Regalandoci così un ritratto bello e intenso del Kenya, della sua natura, dei sui colori e dei suoi abitanti. I coloni bianchi, i Masai, i Kikuyu ma naturalmente anche gli animali.

Il tratto più caratteristico del paesaggio, e della vita lassù, era l’aria. Si ha la sensazione sconcertante di essere vissuti nell’aria. Il cielo … aveva in se un tale vigore d’azzurro da colorare anche i boschi, e le colline accanto, di una tinta fresca e profonda.”
“Gli uomini civilizzati non sanno più cos’è la vera calma e devono prendere lezioni dal mondo selvaggio, prima che quel mondo li accetti.”
“Quando si riesce a cogliere il ritmo dell’Africa, ci si accorge che è identico in tutta la sua musica.”

Per rappresentare degnamente questo libro e i luoghi che lo hanno originato ho cercato qualche ricetta tipica keniota. Ne ho trovate molte, perché il Kenya ha una cucina varia e saporitissima. È il frutto della mescolanza di diverse tradizioni: inglese, araba , indiana e naturalmente indigena.
Vengono usate molte spezie ma in maniera non eccessiva. Sulla costa viene consumato dell’ottimo pesce, molluschi e crostacei. Mentre nell’entroterra è più comune la carne, in particolare capra, agnello e pollo, sotto forma di stufati ricchi di verdure e legumi o più semplicemente grigliata.
Le bevande tradizionali sono il caffè, che viene coltivato nella zona degli altipiani, il te sempre accompagnato da latte e spezie e il vino di palma o papaya. Poi naturalmente c’è il latte di cocco, molto usato anche per cucinare.
Tra tutte queste ricette ne ho scelto una facile e gustosa, adatta per una merenda, magari all’aperto, per la colazione o semplicemente come dessert.
Sono i MANDAZI, piccole focaccine dolci e leggermente speziate, fritte in abbondante olio di semi e servite ben calde, soffici e dorate. In pratica sono una sorta di bomboloni africani. Sono lo street food tipico di tutta la costa Swahili e dei Grandi Laghi Africani, venduti per le strade in piccole bancarelle. Sono chiamati infatti anche Swahili buns o Swahili Donut. Se vengono fatti con il latte di cocco si dicono Mahamri o Mamri.
Esistono infatti diverse versioni a seconda delle zone, con differenze nella presenza o meno di alcuni ingredienti. Come capita spesso nelle ricette di origine popolare.
Con questa ricetta partecipo alla tappa keniota dell’ ABC culinario mondiale ospitata da Valentina. E come sempre arrivo appena in tempo per chiudere al carovana che già da domani si sposterà in un altro posto sul pianeta.


                                                      L'Abbecedario Culinario Mondiale!








Mandazi – Swahili buns (foccaccine dolci keniote)

Ingredienti:
1 uovo medio,
100g di zucchero semolato,
250g farina 0,
120g acqua o latte tiepidi (o un misto dei due),
20g burro fuso tiepido,
1 cucchiaino di lievito di birra secco,
zenzero, cannella, noce moscata, coriandolo in polvere (un pizzico di ognuna),
olio per friggere.

Mescolate la farina col lievito, lo zucchero e le spezie. Formate la fontana e mettete al centro l’uovo sbattuto e il burro, iniziate ad impastare con la forchetta incorporando la farina e aggiungendo il latte o l’acqua.
Lavorate con le mani fino ad ottenere un impasto omogeneo, morbido ma non appiccicoso. Se occorre unite altra farina, ma non troppa.
Lasciate lievitare fino al raddoppio del volume, in un luogo fresco e asciutto, coperto con un canovaccio.
Spianate l’impasto a circa 1cm e ritagliate dei triangoli o dei cerchi con un bicchiere, fateli riposare ancora una mezz’oretta- un’ora poi friggeteli in abbondante olio caldo ma non bollente.
L’olio non deve essere troppo caldo per non farli cuocere troppo in fretta in superficie e lasciarli crudi e gommosi all’interno. Girateli appena sono ben dorati da una parte.
Scolateli su carta assorbente e serviteli caldi, anche spolverati di zucchero semolato.




NOTE:
-      Potete impastare il giorno prima e mettere l’impasto in frigo, chiuso in un contenitore ermetico capiente. La lievitazione sarà rallentata. Il giorno dopo si prende l’impasto, lo si lavora brevemente per sgonfiarlo e lo si lascia lievitare a temperatura ambiente per circa 2 ore, si spiana, si taglia a triangoli e si procede come da ricetta.
-      In alcune ricette viene usato il lievito per dolci, che è istantaneo, quindi non serve lasciarli riposare troppo a lungo. Consiglio comunque un breve riposo di mezzora una volta tagliati i triangoli, friggono meglio.
-      La quantità di spezie va a gusto, se vi piace potete metterne un po’ di più. In alcune ricette viene usato anche il pimento o pepe garofanato (in inglese allspice ).
-      Possono essere impastati anche con latte di cocco, invece di latte o acqua, in questo caso si chiamano mahamri.
-      Ho trovato anche una ricetta in cui si aggiungeva del cocco disidratato e grattugiato all’impasto e eventualmente spolverato anche sopra dopo la cottura. Non so se sia un’ idea dell’autrice della ricetta, o fa parte delle possibili varianti tradizionali della ricetta, io comunque la trovo molto interessante visto che adoro il cocco, la prossima volta la proverò senz'altro.
-      In caso di intolleranza al lattosio, oltre a usare il latte di cocco o l’acqua per impastare, si può sostituire il burro con dell’olio extravergine d’oliva o olio di arachidi (2-3 cucchiai di olio dovrebbero bastare). Volendo si può omettere anche l’uovo.




PS: gli abitanti del Kenya si chiamano kenioti o keniani?
Secondo l’enciclopedia Treccani la versione tradizionale sarebbe kenioti, ma ora sono anche spesso indicati come keniani. Quindi vanno bene entrambe le diciture.

Giusto per togliermi un sassolino dalla scarpa. Abbiate pazienza.



                                            

1 commento:

  1. Anche a me il caldo non spaventa e ne ho le prove perché un giorno si e l'altro no accendo il forno :-P
    Bellissimo libro ed ho anche visto il fim..non potevi scegliere ricetta migliore..e altamente golosa :-P

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