domenica 22 marzo 2015

INVOLTINI PRIMAVERA-ESTATE VIETNAMITI e la “pelle di leopardo”.

Ma non si chiamavano involtini primavera? Che c’entra l’estate?
Non siamo mica alla settimana della moda. E poi gli involtini primavera son cinesi.
Sono forse impazzita?
No, è solo che esiste una versione vietnamita di questo famoso piatto e viene anche chiamata così. Perché la differenza tra i più famosi involtini cinesi e questi c’è eccome, e ve la spiegherò. A tempo debito. Anche la faccenda della pelle di leopardo.
Intanto vi do il benvenuto nella tappa vietnamita dell’ABC Culinario Mondiale.
E già questo spiega la ricetta che vi voglio dare oggi.

Parlare di cucina vietnamita non è semplice, me ne sono resa conto quando sono andata a cercare qualche ricetta tipica di quel paese.
Sono numerosissime. Tutte incredibilmente colorate e saporite.
Il Vietnam fa parte dell’Indocina, quella regione del sudest asiatico che sta tra l’India e la Cina. Due vicini mica da niente in quanto a influenze culturali e culinarie.
La cucina non poteva essere altro che ricca, speziata e varia.
Non c’è solo riso, come si potrebbe pensare, anche se i modi di prepararlo sono così tanti che non ci si potrebbe comunque annoiare. La cucina vietnamita ha a disposizione una gran varietà di ingredienti: carne, soprattutto pollo e maiale, crostacei, verdure, erbe aromatiche e tante tante spezie. Però è molto leggera perché usa metodi di cottura brevi e veloci, dato il clima torrido.

In occidente la cucina vietnamita è arrivata quasi come subordinata a quella cinese o thailandese. A volte viene confusa, contaminata, occidentalizzata. Quindi trovare delle ricette originali non è facilissimo. Inoltre uno stesso piatto può avere nomi diversi a seconda della zona o al contrario con lo stesso nome possono esserci piatti anche molto dissimili.
Io sono andata a cercare qualche sito specifico in lingua inglese, anche perché il mio vietnamita non è attendibilissimo. ;-)
Poi è sorto il problema della reperibilità di alcuni ingredienti che sono fondamentali per preparare gran parte di questi piatti. Tipo il lemongrass o il pandan, tipi di piante aromatiche. O la salsa Nuoc Nam, che è a base di pesce fermentato. Tutte  cose che sulle Alpi monregalesi non sono proprio di casa.

Alla fine mi è caduto l’occhio sugli involtini primavera. Semplici. Banali. Scontati?
Beh forse si. Se non fosse che la versione vietnamita è un po’ diversa.
O meglio ce ne sono di due tipi. Quelli classici fritti (Ch giò), probabilmente di derivazione cinese, e poi ci sono quelli consumati al naturale, senza ulteriore cottura.
Farciti, arrotolati, intinti in una deliziosa salsina e gustati freschi.
Sono i Gi cun, gli involtini estate appunto.
Ma in qualche parte del paese è possibile anche trovarli col nome di Bánh cun, anche se pare che con questo venga indicato pure un piatto diverso (Delle frittelle di farina di riso e carne).
Come volevasi dimostrare. La lingua vietnamita, e la sua cucina, nascondono misteri insondabili.
Se qualcuno avesse notizie di prima mano da fornirmi, dovute a  soggiorni in loco, parentele o amicizie autoctone, ne sarei felicissima. Grazie.

Per il momento mi accontento di quello che ho potuto evincere da informazioni sparse per il web. E nell’attesa di saperne di più ce li siamo bellamente sbafati a cena ieri sera.
Con gran soddisfazione. Soprattutto perché marito e figlio hanno gradito moltissimo.
Ok, mio figlio in realtà ha subito abbandonato la salsa vietnamita per i più commerciali e provinciali ketchup e maionese, ma per il resto se li è spazzolati.

La ricetta come dicevo è stata presa dal web, ne ho trovate molte con qualche diversità nel ripieno. Io ho utilizzato gli ingredienti che più ricorrevano in tutte queste.
Praticamente una media matematica.
Con questa ricetta partecipo all’ABC Culinario Mondiale e chiudo anche la tappa vietnamita ospitata da Sabrina del blog Les madeleines di Proust.
E se avete la pazienza di leggere questo post fino alla fine, vi parlerò anche di un libro sul Vietnam, che ho avuto il piacere di riprendere in mano per l’occasione.
Intanto si mangia.










Involtini primavera-estate vietnamiti Gi cun /Bánh cun

Ingredienti per circa 10 involtini:
1 confezione di sfoglie di riso per involtini (circa 10),
200g code di gambero o mazzancolle,
250g carne di maiale magra (tipo filetto),
50g vermicelli di riso,
1 carota,
germogli di soia,
qualche foglia di lattuga o cavolo verde,
1 spicchio d’aglio,
erba cipollina,
prezzemolo,
dragoncello,
aceto bianco.

NOTA: In alcune ricette nel ripieno comparivano anche i funghi, i peperoni freschi o arrostiti, peperoncini freschi, cipollotti freschi, menta. Questo conferma che ogni città, paesino, ristorante vietnamita ha la sua versione. Come del resto capita anche da noi per le nostre ricette tradizionali.

Sciacquate i germogli di soia freschi, se sono in scatola sgocciolateli e sciacquateli bene.
Lavate e grattugiate le carote a filetti. Lavate le foglie di lattuga e riducetele a striscioline.
Mettete tutto in ciotole separate.
Pulite e tritate separatamente le erbe aromatiche.

Fate cuocere la carne di maiale in abbondante acqua bollente, deve essere ben cotta, poi tagliatela a striscioline. Oppure, come ho fatto, io tagliatela a dadini piccoli e fatela saltare in una piastra antiaderente con uno spicchio d’aglio e poca salsa di soia. In alcune zone del Vietnam fanno cuocere la carne sulla griglia infilzata su spiedini.
Aggiustate di sale (attenzione perché la salsa di soia è già salata).
Lessate i gamberi per qualche minuto in acqua bollente salata e aromatizzata con una spruzzata di aceto (o vino bianco), scolateli, fateli intiepidire e sgusciateli. Teneteli da parte al caldo.
Lessate i vermicelli di riso seguendo le istruzioni della confezione, io ho portato a bollore una capace pentola di acqua leggermente salata, ho calato i vermicelli li ho fatti bollire per 2-3 minuti, li ho scolati e passati velocemente sotto l’acqua fredda per fermare la cottura.

Disponete tutti gli ingredienti sul tavolo a portata di mano.
Disponete davanti a voi una bacinella con acqua tiepida, un canovaccio pulito e un tagliere di plastica. Immergete una sfoglia di riso alla volta nell’acqua tiepida finchè è abbastanza morbida da poterla piegare senza romperla, ma non lasciatela troppo nell’acqua altrimenti diventa molle. Tamponatela delicatamente sul canovaccio e stendetela sul tagliere.

Mettete sulla sfoglia, un po’ verso la parte vicina a voi, qualche strisciolina di lattuga, una forchettata di vermicelli, un po’ di carote e germogli di soia. Mette qualche pezzo di carne, condite con poca salsa di soia o di salsa agrodolce. Cospargete con le erbe aromatiche tritate.
Piegate il bordo inferiore sul ripieno, poi leggermente i due bordi laterali, disponete tre gamberi e continuate ad avvolgere l’involtino su se stesso.
Continuate così fino ad esaurimento degli ingredienti.
Potete anche farcirli con la sola carne o con solo i gamberi.
Servite gli involtini a temperatura ambiente, accompagnati dalla salsina in cui devono essere intinti prima di mangiarli.



Per la salsa agrodolce:
5 cucchiai di salsa di soia,
2 cucchiai di acqua calda,
2 cucchiai di olio di arachidi,
1 cucchiaio abbondante di zucchero,
1 cucchiaino di salsa piccante vietnamita (salsa hoisin)**
1 cucchiaino abbondante salsa di pesce vietnamita (nuoc mam)*
1 spicchio d’aglio fresco.

* la salsa nuoc mam è una salsa fatta con pesce fermentato, che però non ho trovato e ho sostituito con 4 acciughe sott’olio (o due cucchiaini di pasta di acciughe). Non è la stessa cosa perché la salsa vietnamita è molto forte, ma ci si può accontentare.
**la salsa hoisin è una salsa a base di peperoncino piccante, io non ho trovato nemmeno questa quindi ho usato qualche goccia di tabasco.

Spellate l’aglio e spremetelo con lo spremi aglio.
Sciogliete lo zucchero nell’acqua calda, unite le acciughe (o la pasta di acciughe), la salsa di soia, l’olio di arachidi, e l’aglio spremuto. Aggiungete la salsa al peperoncino, tipo tabasco, o del peperoncino in polvere a piacere. Frullate tutto brevemente per emulsionare tutto.


                                           


Siete arrivati fino a qui? Vi chiedo ancora un paio di minuti di pazienza.
Come a ogni tappa di questo virtuale giro del mondo, mi piace anche proporvi un libro sul paese che stiamo attraversando. Anche questa volta non ho potuto farne a meno.
Sul Vietnam si è scritto molto, molto si è raccontato sui giornali, in tv e al cinema. È diventato il mito di una generazione, sinonimo di una rivoluzione che prometteva grandi cose che poi sono state disattese.  Molto si è parlato della sua guerra e poco del dopo-guerra. Di come sono andate le cose quando i corrispondenti al fronte, sono andati via. Il mondo è andato oltre.
Ma queste guerre non andrebbero mai scordate, soprattutto in questo periodo che altre guerre ideologiche ci stanno minacciando, anche da vicino.
Così ho voluto rileggere un libro scritto da chi questo conflitto l’ha visto con i propri occhi e anche attraverso gli occhi “del nemico” e che è rimasto a vedere il dopo.

Il libro è PELLE DI LEOPARDO, di Tiziano Terzani.

La guerra è una cosa triste, ma ancora più triste è il fatto che ci si fa l’abitudine … Non si può scrivere di questa o un’altra guerra se non la si va a vedere, se non si è disposti a condividerne i rischi. Me lo dicevo andando al fronte … Mi pareva che andare alla guerra … fosse anche una forma di lealtà nei confronti di chi la combatte … Non ho cambiato idea, ma ora che ci sono ho paura e ciò che mi fa più paura è accorgermi che … non la si può vivere che da una parte del fronte … I soldati dietro i quali si va diventano presto “noi”, e quelli che ci sparano addosso, gli altri, diventano nemici …”

Il  libro inizia così, nell’aprile del 1973. Terzani sta attraversando il paese al seguito dell’esercito sudvietnamita, appoggiato dagli americani. Racconta tutto quello che vede, le persone che incontra. Rimarrà in Vietnam fino alla fine della guerra e anche dopo, quando i vincitori dovranno veramente cercare di costruire un paese nuovo. Poi le cose non sono andate come si sperava, ma la forza di quel racconto in prima linea rimane avvincente e vero.
Un bellissimo diario di viaggio che ci porta sul Mekong, tra le risaie e i piccoli villaggi nascosti tra le palme e purtroppo colpiti da una guerra crudele come tutte le guerre.

La pelle di leopardo si riferisce alla cartina del Vietnam, a chiazze a seconda che i territori fossero occupati dalle forze governative o dalla guerriglia. 




                                                  

6 commenti:

  1. Ma questa tua passione per il Vietnam, la sua cultura, la lingua e la cucina da dove viene? Molto interessante questo tuo post... sulla ricetta invece ho soprasseduto, tanto non la farò mai. Adesso del Vietnam si parla pochissimo, al contrario di quando c'era la guerra. Sembra invece che sia un paese da bellissimo, da visitare nella stagione giusta! Bacione

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  2. Quello che scrivi mi interessa molto e poi citi Terzani che io adoro.....quindi grazie per tante informazioni che ci dai è per questi involtini da leccarsi i baffi
    Un saluto e a presto

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  3. L'abbinamento ricetta- libro è stato interessantissimo: non vedo l'ora di provare questi involtini versione 'vietnamita' (ho giusto delle sfoglie di riso che mi chiamano!) e la lettura di Terzani deve dare davvero molto da pensare... <3 Un abbraccio!

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  4. Proprio un bel post, cara Manu, un piatto accattivante e tante notizie per chiudere con uno scrittore incredibile che probabilmente è stato un UOMO, scritto così tutto maiuscolo. Un abbraccio grandissimo a presto

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  5. Bellissimi e sicuramente golosissimi!! Una volta le ho acquistate anch'io queste sfoglie di riso, è il caso che replichi :-P

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  6. Manuela post molto interessante il tuo, io sono la generazione del Vietnam, ho amato quel popolo, ho lottato pianto e manifestato per anni, ho conosciuto i vietnamiti presenti ai colloqui di Parigi, insomma ne sono morti tanti ma gli americani hanno avuto la loro prima grande sconfitta, Terzani si commenta da solo...ciao carissima, ci incontreremo in altre tappe

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