Ma non si chiamavano involtini primavera? Che c’entra
l’estate?
Non siamo mica alla settimana della moda. E poi gli
involtini primavera son cinesi.
Sono forse impazzita?
No, è solo che esiste una versione vietnamita di
questo famoso piatto e viene anche chiamata così. Perché la differenza tra i
più famosi involtini cinesi e questi c’è eccome, e ve la spiegherò. A tempo
debito. Anche la faccenda della pelle di leopardo.
E già questo spiega la ricetta che vi voglio dare
oggi.
Parlare di cucina vietnamita non è semplice, me ne
sono resa conto quando sono andata a cercare qualche ricetta tipica di quel
paese.
Sono numerosissime. Tutte incredibilmente colorate e
saporite.
Il Vietnam fa parte dell’Indocina, quella regione del
sudest asiatico che sta tra l’India e la Cina. Due vicini mica da niente in
quanto a influenze culturali e culinarie.
La cucina non poteva essere altro che ricca, speziata
e varia.
Non c’è solo riso, come si potrebbe pensare, anche se
i modi di prepararlo sono così tanti che non ci si potrebbe comunque annoiare. La
cucina vietnamita ha a disposizione una gran varietà di ingredienti: carne,
soprattutto pollo e maiale, crostacei, verdure, erbe aromatiche e tante tante
spezie. Però è molto leggera perché usa metodi di cottura brevi e veloci, dato
il clima torrido.
In occidente la cucina vietnamita è arrivata quasi
come subordinata a quella cinese o thailandese. A volte viene confusa,
contaminata, occidentalizzata. Quindi trovare delle ricette originali non è
facilissimo. Inoltre uno stesso piatto può avere nomi diversi a seconda della
zona o al contrario con lo stesso nome possono esserci piatti anche molto
dissimili.
Io sono andata a cercare qualche sito specifico in
lingua inglese, anche perché il mio vietnamita non è attendibilissimo. ;-)
Poi è sorto il problema della reperibilità di alcuni
ingredienti che sono fondamentali per preparare gran parte di questi piatti.
Tipo il lemongrass o il pandan, tipi di piante aromatiche. O la
salsa Nuoc Nam, che è a base di
pesce fermentato. Tutte cose che sulle
Alpi monregalesi non sono proprio di casa.
Alla fine mi è caduto l’occhio sugli involtini
primavera. Semplici. Banali. Scontati?
Beh forse si. Se non fosse che la versione vietnamita
è un po’ diversa.
O meglio ce ne sono di due tipi. Quelli classici
fritti (Chả giò),
probabilmente di derivazione cinese, e poi ci sono quelli consumati al
naturale, senza ulteriore cottura.
Farciti,
arrotolati, intinti in una deliziosa salsina e gustati freschi.
Sono
i Gỏi cuốn,
gli involtini estate appunto.
Ma
in qualche parte del paese è possibile anche trovarli col nome di Bánh cuốn,
anche se pare che con questo venga indicato pure un piatto diverso (Delle
frittelle di farina di riso e carne).
Come
volevasi dimostrare. La lingua vietnamita, e la sua cucina, nascondono misteri insondabili.
Se
qualcuno avesse notizie di prima mano da fornirmi, dovute a soggiorni in loco, parentele o amicizie
autoctone, ne sarei felicissima. Grazie.
Per
il momento mi accontento di quello che ho potuto evincere da informazioni
sparse per il web. E nell’attesa di saperne di più ce li siamo bellamente
sbafati a cena ieri sera.
Con
gran soddisfazione. Soprattutto perché marito e figlio hanno gradito
moltissimo.
Ok,
mio figlio in realtà ha subito abbandonato la salsa vietnamita per i più
commerciali e provinciali ketchup e maionese, ma per il resto se li è
spazzolati.
La ricetta come dicevo è stata presa dal web, ne ho
trovate molte con qualche diversità nel ripieno. Io ho utilizzato gli
ingredienti che più ricorrevano in tutte queste.
Praticamente una media matematica.
Con questa ricetta partecipo all’ABC Culinario Mondiale e chiudo anche la tappa vietnamita ospitata
da Sabrina del blog Les madeleines di Proust.
E se avete la pazienza di leggere questo post fino
alla fine, vi parlerò anche di un libro sul Vietnam, che ho avuto il piacere di
riprendere in mano per l’occasione.
Intanto si mangia.
Involtini
primavera-estate vietnamiti Gỏi cuốn /Bánh cuốn
Ingredienti
per circa 10 involtini:
1
confezione di sfoglie di riso per involtini (circa 10),
200g
code di gambero o mazzancolle,
250g
carne di maiale magra (tipo filetto),
50g
vermicelli di riso,
1
carota,
germogli
di soia,
qualche
foglia di lattuga o cavolo verde,
1
spicchio d’aglio,
erba
cipollina,
prezzemolo,
dragoncello,
aceto
bianco.
NOTA: In alcune ricette
nel ripieno comparivano anche i funghi, i peperoni freschi o arrostiti,
peperoncini freschi, cipollotti freschi, menta. Questo conferma che ogni città,
paesino, ristorante vietnamita ha la sua versione. Come del resto capita anche
da noi per le nostre ricette tradizionali.
Sciacquate
i germogli di soia freschi, se sono in scatola sgocciolateli e sciacquateli
bene.
Lavate
e grattugiate le carote a filetti. Lavate le foglie di lattuga e riducetele a
striscioline.
Mettete
tutto in ciotole separate.
Pulite
e tritate separatamente le erbe aromatiche.
Fate
cuocere la carne di maiale in abbondante acqua bollente, deve essere ben cotta,
poi tagliatela a striscioline. Oppure, come ho fatto, io tagliatela a dadini
piccoli e fatela saltare in una piastra antiaderente con uno spicchio d’aglio e
poca salsa di soia. In alcune zone del Vietnam fanno cuocere la carne sulla
griglia infilzata su spiedini.
Aggiustate
di sale (attenzione perché la salsa di soia è già salata).
Lessate
i gamberi per qualche minuto in acqua bollente salata e aromatizzata con una
spruzzata di aceto (o vino bianco), scolateli, fateli intiepidire e
sgusciateli. Teneteli da parte al caldo.
Lessate
i vermicelli di riso seguendo le istruzioni della confezione, io ho portato a
bollore una capace pentola di acqua leggermente salata, ho calato i vermicelli
li ho fatti bollire per 2-3 minuti, li ho scolati e passati velocemente sotto
l’acqua fredda per fermare la cottura.
Disponete
tutti gli ingredienti sul tavolo a portata di mano.
Disponete
davanti a voi una bacinella con acqua tiepida, un canovaccio pulito e un
tagliere di plastica. Immergete una sfoglia di riso alla volta nell’acqua
tiepida finchè è abbastanza morbida da poterla piegare senza romperla, ma non
lasciatela troppo nell’acqua altrimenti diventa molle. Tamponatela
delicatamente sul canovaccio e stendetela sul tagliere.
Mettete
sulla sfoglia, un po’ verso la parte vicina a voi, qualche strisciolina di
lattuga, una forchettata di vermicelli, un po’ di carote e germogli di soia.
Mette qualche pezzo di carne, condite con poca salsa di soia o di salsa
agrodolce. Cospargete con le erbe aromatiche tritate.
Piegate
il bordo inferiore sul ripieno, poi leggermente i due bordi laterali, disponete
tre gamberi e continuate ad avvolgere l’involtino su se stesso.
Continuate
così fino ad esaurimento degli ingredienti.
Potete
anche farcirli con la sola carne o con solo i gamberi.
Servite
gli involtini a temperatura ambiente, accompagnati dalla salsina in cui devono
essere intinti prima di mangiarli.
Per la salsa
agrodolce:
5
cucchiai di salsa di soia,
2
cucchiai di acqua calda,
2
cucchiai di olio di arachidi,
1
cucchiaio abbondante di zucchero,
1
cucchiaino di salsa piccante vietnamita (salsa hoisin)**
1
cucchiaino abbondante salsa di pesce vietnamita (nuoc mam)*
1
spicchio d’aglio fresco.
* la salsa nuoc mam è una
salsa fatta con pesce fermentato, che però non ho trovato e ho sostituito con 4
acciughe sott’olio (o due cucchiaini di pasta di acciughe). Non è la stessa
cosa perché la salsa vietnamita è molto forte, ma ci si può accontentare.
**la salsa hoisin è una
salsa a base di peperoncino piccante, io non ho trovato nemmeno questa quindi
ho usato qualche goccia di tabasco.
Spellate
l’aglio e spremetelo con lo spremi aglio.
Sciogliete
lo zucchero nell’acqua calda, unite le acciughe (o la pasta di acciughe), la
salsa di soia, l’olio di arachidi, e l’aglio spremuto. Aggiungete la salsa al
peperoncino, tipo tabasco, o del peperoncino in polvere a piacere. Frullate
tutto brevemente per emulsionare tutto.
Siete
arrivati fino a qui? Vi chiedo ancora un paio di minuti di pazienza.
Come a ogni tappa di questo virtuale giro del mondo,
mi piace anche proporvi un libro sul paese che stiamo attraversando. Anche
questa volta non ho potuto farne a meno.
Sul Vietnam si è scritto molto, molto si è raccontato
sui giornali, in tv e al cinema. È diventato il mito di una generazione,
sinonimo di una rivoluzione che prometteva grandi cose che poi sono state
disattese. Molto si è parlato della sua
guerra e poco del dopo-guerra. Di come sono andate le cose quando i
corrispondenti al fronte, sono andati via. Il mondo è andato oltre.
Ma queste guerre non andrebbero mai scordate,
soprattutto in questo periodo che altre guerre ideologiche ci stanno
minacciando, anche da vicino.
Così ho voluto rileggere un libro scritto da chi
questo conflitto l’ha visto con i propri occhi e anche attraverso gli occhi
“del nemico” e che è rimasto a vedere il dopo.
Il libro è PELLE
DI LEOPARDO, di Tiziano Terzani.
“La guerra è una
cosa triste, ma ancora più triste è il fatto che ci si fa l’abitudine … Non si
può scrivere di questa o un’altra guerra se non la si va a vedere, se non si è
disposti a condividerne i rischi. Me lo dicevo andando al fronte … Mi pareva
che andare alla guerra … fosse anche una forma di lealtà nei confronti di chi
la combatte … Non ho cambiato idea, ma ora che ci sono ho paura e ciò che mi fa
più paura è accorgermi che … non la si può vivere che da una parte del fronte …
I soldati dietro i quali si va diventano presto “noi”, e quelli che ci sparano
addosso, gli altri, diventano nemici …”
Il libro inizia
così, nell’aprile del 1973. Terzani sta attraversando il paese al seguito
dell’esercito sudvietnamita, appoggiato dagli americani. Racconta tutto quello
che vede, le persone che incontra. Rimarrà in Vietnam fino alla fine della
guerra e anche dopo, quando i vincitori dovranno veramente cercare di costruire
un paese nuovo. Poi le cose non sono andate come si sperava, ma la forza di
quel racconto in prima linea rimane avvincente e vero.
La pelle di leopardo si riferisce alla cartina del
Vietnam, a chiazze a seconda che i territori fossero occupati dalle forze
governative o dalla guerriglia.
Ma questa tua passione per il Vietnam, la sua cultura, la lingua e la cucina da dove viene? Molto interessante questo tuo post... sulla ricetta invece ho soprasseduto, tanto non la farò mai. Adesso del Vietnam si parla pochissimo, al contrario di quando c'era la guerra. Sembra invece che sia un paese da bellissimo, da visitare nella stagione giusta! Bacione
RispondiEliminaQuello che scrivi mi interessa molto e poi citi Terzani che io adoro.....quindi grazie per tante informazioni che ci dai è per questi involtini da leccarsi i baffi
RispondiEliminaUn saluto e a presto
L'abbinamento ricetta- libro è stato interessantissimo: non vedo l'ora di provare questi involtini versione 'vietnamita' (ho giusto delle sfoglie di riso che mi chiamano!) e la lettura di Terzani deve dare davvero molto da pensare... <3 Un abbraccio!
RispondiEliminaProprio un bel post, cara Manu, un piatto accattivante e tante notizie per chiudere con uno scrittore incredibile che probabilmente è stato un UOMO, scritto così tutto maiuscolo. Un abbraccio grandissimo a presto
RispondiEliminaBellissimi e sicuramente golosissimi!! Una volta le ho acquistate anch'io queste sfoglie di riso, è il caso che replichi :-P
RispondiEliminaManuela post molto interessante il tuo, io sono la generazione del Vietnam, ho amato quel popolo, ho lottato pianto e manifestato per anni, ho conosciuto i vietnamiti presenti ai colloqui di Parigi, insomma ne sono morti tanti ma gli americani hanno avuto la loro prima grande sconfitta, Terzani si commenta da solo...ciao carissima, ci incontreremo in altre tappe
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