Buon
anno nuovo a tutti!
Spero
che il 2016 sia ricco di belle novità o almeno sia più sereno e tranquillo di
quello che lo ha preceduto.
Buoni
propositi non ne faccio, tanto me li dimentico già dopo l’Epifania.
Come
da un po’ di anni a questa parte ho festeggiato la vigilia di Capodanno in
casa, in famiglia.
Quindi
niente veglione di rito in locali esclusivi, dove per altro di solito si mangia
poco e male, niente mega festa danzante in piazza, niente botti. Solo qualche
piatto ben cucinato, le persone care e un bicchiere di buon vino italiano. Sul
numero dei piatti e su quello dei bicchieri ci sarebbe da discutere, ma
sorvoliamo.
Anche
il primo dell’anno si preannuncia culinariamente impegnativo.
Ci
sono piatti a cui proprio non ci si può sottrarre. Che fanno parte della nostra
tradizione.
Legume
solitamente ignorato e snobbato per quasi tutto il resto dell’anno, in questi
giorni diventa protagonista delle tavole di festa. Perché porta bene. Porta
soldi. E di sti tempi si tenta di tutto.
La
diceria che le lenticchie portino fortuna pare risalga agli antichi romani,
quando in occasione delle festività del primo giorno dell’anno, venivano
regalate scarselle, borse di cuoio che servivano a contenere monete, piene di
lenticchie perché questi legumi tondi e lisci ricordavano appunto le monete e
l’augurio era che si potessero tramutare in denaro sonante.
Inoltre
le lenticchie erano un alimento molto diffuso tra la popolazione più povera
proprio per le elevate qualità nutritive e la conservabilità anche in pieno
inverno, erano quindi sane, nutrienti e molto accessibili, quindi un bene
prezioso nel lungo inverno per chi non poteva permettersi la carne. Quindi
regalare lenticchie era anche augurare la pancia piena per il resto dell’anno.
Le
lenticchie sono un legume molto antico, è una delle prime specie botaniche
domesticate, cioè coltivate addirittura nel Neolitico, insieme a piselli, ceci,
lino, farro e orzo.
Il
suo consumo viene attestato da testimonianze rupestri, ma anche dal celebre episodio
biblico della Genesi, in cui Esaù affamato cede la primogenitura al fratello
Giacobbe in cambio di un piatto di lenticchie.
Nell’antica
Roma le lenticchie erano un piatto del popolo, della mensa quotidiana, servite
semplicemente lessate e condite con spezie, erbe aromatiche pestate, garum
(acciughe fermentate) e mosto o miele. Come ci racconta Apicio nel De Re
Coquinaria.
Oppure
erano la base per corroboranti zuppe, insieme ad ortaggi e cereali.
Accenni
al consumo delle lenticchie si trovano in molti autori latini, da Columella a
Marziale.
Plinio
il Vecchio afferma che “la lenticchia dà tranquillità di carattere a
chi se ne nutre” (Naturalis Historia, XVIII) e io ho
in mente giusto un paio di persone a cui le farei mangiare.
Ma
le lenticchie non erano solo un prezioso alimento, secondo Ovidio potevano
diventare anche un efficace cosmetico. Nel suo manuale di bellezza femminile,
dà addirittura una ricetta per preparare una crema di bellezza portentosa,
afferma che “Ogni donna che applicherà sul proprio volto questo cosmetico
risplenderà più liscia del proprio specchio.” (Ovidio, Medicaminia facei).
La
ricetta è spiegata benissimo, si tratta in breve di mischiare lenticchie, orzo
decorticato e uova in pari quantità, far asciugare la poltiglia, macinarla a
pietra “con la ruvida mola trascinata da un’asinella lenta” e
mischiarla con miele, bulbi di narciso pestati al mortaio e corna di cervo
triturate. Specifica però che devono essere “le prime corna che cadranno a un
cervo dalla lunga vita”.
Già
l’asinella lenta mi dava da pensare, ma dubito che riuscirò a trovare le corna
di cervo cadute per prime. Comunque se dovessi trovarle magari ci provo, poi vi
dico.
Pare
anche che le lenticchie abbiano la capacità di irrobustire malati e anziani e
risvegliare la virilità infiacchita. Lo dice nientemeno che Ippocrate, il padre
della medicina.
Quindi
signori miei, nel dubbio mangiatevi un piatto di lenticchie. Con lo zafferano
magari perché lo stesso Ippocrate lo indica come afrodisiaco.
Che
dite, vi ho dato abbastanza motivi per mangiar lenticchie anche nel resto
dell’anno?
Oggi
però ce n’è uno in più.
Oggi,
e non poteva che essere altrimenti, è la GIORNATA
NAZIONALE DELLA LENTICCHIA indetta da AIFB
(l’associazione italiana food blogger) per il suo CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO. L’ambasciatrice del giorno è Maria Greco Naccarato.
Io
ho pensato di festeggiarla riadattando
la classica zuppa di lenticchie che già compare nei ricettari di Apicio e
compagnia (senza corna di cervo), mischiarla al risotto alle lenticchie di
Gualtiero Marchesi (genuflessione), togliere il riso, mettere il farro che fa
tanto Roma Antica, aggiungere un tocco delle mie montagne … insomma ho fatto un
pastrocchio dei miei.
Zuppetta di lenticchie e
funghi con straccetti di farro.
Ingredienti:
100g
di lenticchie,
20g
di funghi porcini secchi,
1
scalogno,
1/2
costa di sedano banco,
½
carota piccola,
2
cucchiai di concentrato di pomodoro,
1
litro e ½ di brodo di verdure,
1
foglia di alloro,
2
foglie di salvia,
1
rametto di timo,
1
spicchio d’aglio,
100g
di funghi surgelati porcini, misti o champignon,
olio
extravergine d’oliva,
100g
di farina di farro,
50g
di farina 00,
sale,
pepe.
Mettete
in ammollo i funghi secchi in acqua tiepida per una mezz'oretta.
Lessate
le lenticchie 20 minuti in acqua bollente, scolatele ancora piuttosto al dente
e tenetele da parte.
Tritate
finemente lo scalogno con il sedano e la carota, fateli soffriggere molto
lentamente in due cucchiai di olio d’oliva, unite un mestolo di brodo caldo e
lasciate che le verdure si ammorbidiscano.
Unite
le lenticchie, i funghi strizzati e tritati grossolanamente, la foglia di
alloro, il rametto di timo, la salvia e il concentrato di pomodoro, lasciate
insaporire per qualche minuto. Aggiungete circa mezzo litro di brodo caldo
(circa 4 mestoli) e fate sobbollire per 10 minuti circa finché le lenticchie
sono cotte me non sfatte, aggiustate di sale e pepe.
Nel
frattempo impastate la farina di farro con quella di grano, un pizzico di sale,
un cucchiaio di olio d’oliva e acqua fredda quanto basta per avere una pasta
morbida e liscia. Tiratela col mattarello in una sfoglia molto sottile,
strappatela con le mani in piccoli straccetti.
Tuffateli
nella zuppa e fate cuocere per 3-4 minuti.
A
parte fate rosolare i funghi freschi o surgelati, tagliati a dadini o fettine,
in una padella con uno spicchio d’aglio in camicia e poco olio d’oliva.
Tenetene qualcuno per guarnizione e unite il resto alla zuppa.
Servite
la zuppa nei piatti con un filo d’olio e qualche fettina di fungo cotto sopra.
Variante: potete servire al zuppa
con delle striscioline di pancetta
affumicata croccante oppure unire 2-3 fette di lardo battuto a coltello al soffritto di odori.
Informazioni
prese da:
“La
cucina degli dei” di Anna Ferrari (Blu edizioni)
Enciclopedia
Treccani,
Le
Garzantine Cucina,
Ovidio,
Medicaminia facei
Apicio,
De Re Coquinaria,
Plinio
il Vecchio, Naturalis Historia,
Wikipedia
(ahimè si!)
TANTI AUGURI SIMONA:)
RispondiEliminaOra che mi ci fai pensare, noi non abbiamo mangiato le lenticchie O_o!! Ne rubo subito un po' da te e ti rinnovo i miei migliori auguri di felice inizio anno nuovo <3
RispondiEliminaSei molto brava! Complimenti e buon anno!
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