lunedì 18 agosto 2014

SUA MAESTÀ LA RASCHERA E I SUOI FRATELLI.

E anche Ferragosto è passato. La festa di mezza estate, il giro di boa. Anche se quest’anno l’Estate sembra essere ancora da venire.
Ferragosto è la festa dei gavettoni, dei falò in riva al mare, delle grigliate, dei pic-nic sui prati. Antica festa pagana del raccolto nell’antica Roma, diventata poi festa cattolica dell’Assunzione di Maria in Cielo.

Qui a Frabosa Soprana questa data significa soprattutto festa della Raschera, del Bruss e degli altri loro fratelli, i formaggi d’alpeggio.
 
 
 
 
 
 

La Raschera è un formaggio DOP che si produce nella provincia di Cuneo, soprattutto nella zona del Monregalese, i dintorni di Mondovì.
Ma solo il formaggio prodotto sopra i 900m di altitudine e in nove comuni specifici può fregiarsi della denominazione di Raschera d’Alpeggio DOP.
Tra questi comuni c’è appunto Frabosa Soprana, dove ogni anno, da ormai 41 anni, si svolge la Sagra della Raschera. Proprio a Ferragosto.

Perché è proprio in questo periodo che si può iniziare a gustare il formaggio proveniente dalle malghe, i pascoli di montagna. Quello fatto col latte delle mucche che hanno cominciato a salire all’alpeggio all’inizio dell’estate. Perché ci vogliono almeno 2 mesi di stagionatura perché sia pronto. Quindi in teoria il vero formaggio di malga non dovrebbe esserci prima della fine di luglio circa, ma dovrebbe esserci solo quello prodotto con latte di mucche ancora nella stalla, alimentate a fieno., la Raschera "invernale".
Oppure si trova il formaggio d’alpeggio stagionato  ben oltre i due mesi, che ha una pasta più compatta e asciutta, con un colore più paglierino e un sapore più piccante. Che io personalmente prediligo, magari accompagnato dalla cugnà, la confettura di mosto d’uva, pere e noci, tipica delle langhe, e un “rubatà”, un grissino tipico di queste zone. Ovviamente con un buon bicchiere di vino rosso.

La Raschera d’Alpeggio più giovane ha una pasta morbida e compatta, di colore bianco avorio e dal sapore delicato. Entrambe le versioni si riconoscono per la forma quadrata, con l’etichetta gialla con la scritta Raschera d’alpeggio DOP ben visibile in verde.
 
 
 

Esiste poi la versione cosiddetta “di pianura”, sempre DOP, prodotta in tutto il cuneese, riconoscibile per l’etichetta di colore verde. Questo formaggio ha un gusto più dolce e delicato e pasta più morbida. Può essere prodotto anche con latte pastorizzato e venduto dopo solo 30 giorni di stagionatura. Si trova più facilmente anche nei negozi e supermercati fuori dal Piemonte.

Ma oggi mi voglio dedicare solo alla Raschera d’alpeggio. E ai suoi fratelli.
Perché qui a Frabosa, nel caseificio del Consorzio della Raschera, si producono anche altri ottimi formaggi, tutti fatti con latte crudo proveniente dalle malghe, i pascoli alpini.

Per esempio c’è un erborinato che non ha nulla da invidiare ad altri più famosi, magari d’oltralpe: il Blu del Monte Moro. Che è la montagna che sovrasta il paese di Frabosa.
Questo formaggio si produce sia con latte di mucca, più dolce e cremoso, soprattutto quando è molto fresco, che di capra, un po’ più saporito.

Altro formaggio particolare e il “Frabusan Ciuc”, prodotto con latte di mucca o misto e fatto stagionare nei raspi dell’uva rossa. La sua crosta assume un colore rossastro e il sapore è molto sapido, con una consistenza granulosa.

Ma i malgari sanno creare tanti piccoli capolavori, con latte delle mucche e delle capre che si arrampicano sui pascoli: tome, robiole, piccoli formaggi avvolti nelle foglie di castagno o nelle erbe di montagna e poi il Seirass, ossia la ricotta di montagna.
 
 
 

Infine, ultimo ma non per importanza, arriva il Bruss. Che non è un formaggio vero e proprio ma una crema di formaggio molto saporita e piccante.  Non so se il termine bruss abbia veramente questo significato, di qualcosa che brucia il palato, però l’allusione è azzeccata.
Questa crema si trova un po’ in tutto il cuneese. Ovunque si producano formaggi, di qualunque tipo. Nasce dall’esigenza di recuperare quei formaggi rimasti troppo in dispensa e diventati troppo duri e stagionati, persino ammuffiti. Per non buttarli, perché niente doveva essere sprecato, venivano fatti a pezzetti piccoli e messi tutti insieme in un contenitore di coccio o vetro, irrorati con panna o latte o piuttosto il siero del latte, quello che serve a fare la ricotta. Venivano lasciati li a fermentare per qualche giorno, mescolati di tanto in tanto con un cucchiaio di legno. Pian piano tutti quei pezzi di formaggio si scioglievano diventando una crema a questo punto la fermentazione veniva arrestata con l’aggiunta di un distillato che poteva essere grappa, genepy, cognac o altri e lasciato insaporire ancora qualche giorno. Dopo almeno 1 mese la crema, molto saporita, era pronta da spalmare sul pane o sulla polenta e innaffiata dall’immancabile Barbera.
Più la crema restava a riposare nel vaso di terracotta e più diventava forte e piccante, tanto da far persino lacrimare gli occhi. Da qui probabilmente il nome.
Ora è difficile trovare il vero Bruss. Viene fatto ancora in molte case ma per consumo casalingo. Quello che si trova in commercio lo ricorda vagamente. È una crema solo leggermente piccante, fatta per lo più con ricotta e crema di latte per renderla accessibile anche ai palati meno robusti. Ma è comunque una delizia da provare.



A Frabosa Soprana è nata nel 1976 una speciale Confraternita che si prefigge di tutelare e promuovere questi prodotti della zona che rischiavano di venire dimenticati, la “Confraternita della Raschera e del Bruss”.

Ogni anno i Cavalieri della Raschera, insieme al Comune, alla Proloco e al gruppo degli Alpini di Frabosa Soprana mettono i moto una vera e propria macchina da guerra per organizzare la Sagra di Ferragosto. Una festa di montagna in grande stile con tanto di sfilata storica in costume, sbandieratori, banda musicare, gruppi vocali e folcloristici che si alternano per le vie del paese e una grande fiera di prodotti tipici enogastronomici di ogni parte della provincia.

Potevo io lasciarmi scappare un’ occasione così ghiotta? Certo che no. Soprattutto perché dopo tanti anni ormai sono mezza frabosana anch’io.
Mi sono buttata a capofitto tra le bancarelle, in un orgia di assaggi e degustazioni.

Poi ho deciso che per rendervi partecipi di tutto questo ben di Dio dovevo assolutamente cucinare qualcosa di adatto. Con i formaggi frabosani s’intende, Raschera in primis. Ma cosa?
Quale ricetta avrebbe omaggiato di più questi prodotti? Una sola non basta.
Allora ecco un intero menù dedicato alla Raschera e ai suoi fratelli di malga. Buon appetito.

 

Aperitivo: Bruss con crostini o cracker ai cereali.

Antipasto: Budini al Blu del Monte Moro con composta di cipolle.

Primo: Tagliolini alle ortiche con Raschera e pancetta croccante.

Secondo: Medaglioni di maiale con uva, noci e Raschera d’alpeggio.

Dessert: Crème Brulée al formaggio.

 

Dell’aperitivo non sono pervenute fotografie. Non ci siamo riusciti.
Non vi do nemmeno una vera e propria ricetta. Ma d'altronde non è che ci voglia una scienza: si apre una confezione di crackers, meglio ai cereali integrali o si affetta del buon pane casereccio, si apre un barattolo di Bruss e si stappa una bottiglia di vino fresco.
Per esempio un Arneis, che regge persino il gusto forte del Bruss. O per rimanere sul tradizionale un Barbera d’Alba.
Entrambi questi vini possono tranquillamente accompagnare tutto il pasto.

 
BUDINI AL BLU DEL MONTE MORO CON CIPOLLE IN AGRODOLCE.




Per i budini:
200g Blu del Monte Moro di vacca,
200g robiola fresca o ricotta piemontese,
50 ml panna fresca,
1 uovo,
2 cucchiai di marsala secco,
burro per gli stampini.

Per le cipolle in agrodolce:
3 cipolle rosse,
2 cucchiai di uvetta sultanina,
1 bicchierino di Marsala secco,
½ bicchiere di vino rosso corposo,
1 cucchiaio di zucchero di canna,
1 cucchiaio di aceto balsamico,
un cucchiaino di burro,
un pizzico di sale.

Imburrate bene 6 stampini da budino di alluminio usa e getta, o quelli da muffin.
Frullate i formaggi con il liquore, l’uovo e la panna. Aggiustate di sale e versare negli stampini da budino. Infornate a 170° per circa 40 minuti. Fate intiepidire prima di sformare i budini.

Preparate la composta di cipolle: mettete l’uvetta in ammollo in acqua fredda.
Affettate le cipolle sottilmente e fatele rosolare dolcemente nel burro, sfumate con il marsala e fate evaporare.
Unite il vino rosso e fate cuocere le cipolle a fuoco moderato mescolando di tanto in tanto per 10 minuti. Aggiungete, l’uvetta sgocciolata, lo zucchero e l’aceto balsamico e continuate a cuocere per 10 minuti.
Servite  i budini tiepidi con la composta di cipolle e qualche goccia di glassa di aceto balsamico. Accompagnate con crackers al farro.

Per questa ricetta mi sono ispirata a un piatto apparso l’anno scorso su Sale e Pepe. Ho cambiato qualcosa perché non avevo più sottomano il giornale e non mi ricordavo perfettamente la ricetta. Però è andata bene lo stesso.
 
 
 


TAGLIOLINI ALLE ORTICHE CON RASCHERA E PANCETTA CROCCANTE.
 
 
 

Ho gustato questi tagliolini due settimane fa, presso il ristorante del Circolo Ippico “La Pelata” , sempre di Frabosa Soprana, dei miei amici Bobo, Francesca e Severino, che ringrazio.
Io ho fatto come sempre di testa mia aggiungendo anche la fonduta di Raschera che loro non avevano messo, ma mi serviva per il menù a tema. Devo dire che ci sta proprio bene.
Severino mi ha suggerito anche un semplice condimento di battuto di salvia e lardo, con una generosa macinata di pepe. Da provare quanto prima. A “La Pelata” ovviamente.

 Per la pasta:
200g farina 00,
200g semola fine,
50g farina integrale,
200g di punte di ortiche o altre erbette (tipo borragine) già pulite e lavate,
3 uova grandi,
acqua fredda,
sale fino.

Sbollentate le foglie di ortica per due minuti circa in acqua bollente leggermente salata, scolatele e strizzatele. In questo modo eliminerete la peluria urticante.
Se utilizzate altre erbette potete farle appassire direttamente in una padella antiaderente con un pizzico di sale, dopo averle tagliate a julienne. Mettete il coperchio per creare vapore, dopo un minuto toglietelo e fatele asciugare. In questo modo rimangono più saporite e brillanti.

Frullate le ortiche finemente, aggiungendo pochissima acqua di cottura per facilitare l’operazione.
Con le farine formate la fontana, unite il frullato di ortiche, le uova e iniziate a lavorare con una forchetta incorporando pian piano la farina, se occorre unite poca acqua alla volta.
Impastate energicamente tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo, non deve essere appiccicoso, altrimenti unite altra farina.

Con la macchina per tirare la pasta stendete delle sfoglie lunghe circa 25-30cm, non devono essere troppo sottili. Sempre con la macchinetta ricavate i tagliolini, utilizzando la trafila più piccola. I tagliolini devono essere praticamente a sezione quadrata.
Stendete nei vassoi di carta ben infarinati e fate asciugare.
Potete fare la pasta il giorno prima e metterla in un luogo fresco e asciutto coperta con teli puliti. Oppure in frigo se avete spazio.
Potete preparare la pasta anche con anticipo e congelarla larga nei vassoi, una volta congelata potete sovrapporla e metterla tutta in un contenitore di alluminio tipo quelli per le lasagne.




Per la fonduta di Raschera:
100g Raschera d’alpeggio DOP giovane (solo 2 mesi di stagionatura), oppure Raschera DOP dolce (di pianura),
100ml latte intero,
100ml panna fresca,
1 cucchiaino scarso di fecola,
noce moscata,
qualche foglia di salvia,
1 cucchiaio di burro.

Per completare:
qualche foglia di salvia,
200g pancetta affumicata tagliata a striscioline.

Tagliate la Raschera a dadini e metteteli in un pentolino a bagno nel latte con qualche foglia di salvia, lasciate in infusione per una mezz’ora circa. Poi fate sciogliere il formaggio lentamente a bagnomaria, a fuoco dolce, mescolando spesso.
Unite la panna e una grattatina di noce moscata. Se fosse troppo liquida stemperatevi la fecola impastata con un cucchiaino di burro.
Non preoccupatevi se la fonduta rimane un po’ granulosa, è il tipo di formaggio che non scioglie come la Fontina. Bisognerebbe aggiungere un tuorlo d’uovo, che non so per quale reazione chimica aiuta a sciogliere la materia grassa del formaggio e rende la crema setosa e omogenea, ma io preferisco non appesantire troppo la fonduta, visto che servirà da condimento.

Fate rosolare la pancetta in una larga padella, quando è bella croccante toglitela dalla padella e mettetela da parte. Nella stessa padella fate sciogliere una noce di burro con qualche foglia di salvia.
Lessate i tagliolini al dente in abbondante acqua salata. Scolateli e fateli saltare nella padella col burro fuso, due cucchiaiate di fonduta e pochissima acqua di cottura.
Infine unite la pancetta croccante. Tenetene caso mai un po’ per guarnire il piatto.
Impiattate i tagliolini completando con una bella cucchiaiata di fonduta e la pancetta rimasta.

 
 
 
 
 
 

Per il resto del menù dovrete aspettare il prossimo post. A presto.
 
 
 
 
 

 

3 commenti:

  1. Ma che bontà i formaggi di montagna!!! Un menù delizioso, troppo bella quella pasta verde!!
    Bravissima Manu!!
    Aspettiamo con ansia il dessert che si preannuncia la fine del mondo!!:)

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  2. Oddio che bellissimo viaggio nei formaggi..io non sono una grande esperta ma un bell'assaggio me lo farei proprio volentieri ^_^
    Complimenti x questo splendido e dettagliato post..non vedo l'ora di leggere il seguito ^_^

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  3. strepitose queste ricette! Come sempre bravissima! Ma qua negli USA senza forno sono proprio fuori combattimento....

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