“Voglio morire
lì, tra le bignòle! ” … o più correttamente tra i baci di cioccolata.
Sepolta da una colata di cioccolato temperato.
Parafrasando un’espressione di Stefania Bertola, è
questo che ho pensato mentre mi accingevo a preparare i miei primi baci.
Sto parlando proprio di quei deliziosi e perfettissimi
cioccolatini della nota marca, quelli con tanto di frase d’amore nell'incarto.
Prepararli o meglio tentare di farlo è il compito che
ci è stato affidato da Annarita, la
vincitrice della sfida appena passata dell’MTChallenge.
A dire il vero appena ho appreso l’argomento di questa
sfida mi sono entusiasmata. Pur non essendo una golosa di dolci ho una passione
sfrenata per il cioccolato e l’idea di riuscire a rifare in casa i cioccolatini
mi ha esaltata non poco. Questi cioccolatini in particolare, che già di per se
sono perfetti così come sono, ma che possono essere personalizzati a piacere.
Lo prova il fatto che il mio cervellino ha subito
iniziato a elaborare possibili varianti, accostamenti di ingredienti e sapori.
Dico solo che in poco più di un’ora ne avevo immaginati già una ventina. Anche
al limite del surreale.
Non preoccupatevi. Non vi inonderò di post sulla
cioccolata.
A porre il freno alla mia fervida immaginazione ci ha
pensato il confronto con la cruda realtà.
Perché un conto è pensare di farli. Ben diverso è
farli sul serio.
Eppure sembrava così semplice.
Si prepara una farcia morbida, una ganache, una crema,
aromatizzata a piacere, le si da la tipica forma con la cupoletta e si ricopre
tutto con una colata di cioccolato fuso, bianco, gianduia, fondente. Facile.
La tecnica per fondere correttamente il cioccolato, il
temperaggio, è stata dettagliatamente spiegata dalla stessa Annarita nel suo post, ripreso in
seguito dall’MTChallenge.
Ho anche una bella enciclopedia di pasticceria con un
tomo dedicato al cioccolato.
Inoltre sono in possesso di un ottimo termometro,
unica concessione alla mia filosofia di lavorare in una cucina “diversamente
attrezzata”, che non contempla l’uso di strumenti moderni a parte un vetusto
mixer di dimensioni ridicole.
Il piano di marmo, o granito nel mio caso, è già parte
integrante della mio piano cottura.
Perfetto. Ho tutto. Sono in una botte di ferro.
Che voglio di più?
Sprofondare in una colata di cioccolato fuso e finirla
li, per esempio.
Perché non basta grattugiare, sciogliere a bagnomaria
(delicatamente per carità che se qualche bolla d’acqua si insinua nel
cioccolato è la fine!) misurare la temperatura, spatolare, incorporare altro
cioccolato, rispatolare, raffreddare, riscaldare nuovamente, rimisurare la
temperatura, mantenerla tale, mescolare … no, non basta!
Perché quello stramaledettissimo cioccolato non ne
vuole spere di colare nel modo giusto, di raffreddarsi nel modo giusto.
Così mi ritrovo a intingere sti agglomerati di crema
che sembrano vivi, perché è già tanto se si riesce a recuperarli nel cioccolato
fuso, poi li tiro su e li adagio “delicatamente” sul vassoio … un cavolo! Questi
maledetti si spatasciano, si stravaccano, non vogliono star dritti con la loro
cupoletta in cima, e il cioccolato cola ovunque. Quando non rimangono
appiccicati alla forchetta, allora cerco di farli scivolare giù con un colpo
secco rischiando di farli rimbalzare direttamente sulla parete di fronte.
Ok. Respiro e riprovo. Nel frattempo il cioccolato si
è un po’ raffreddato. Dovevo stare attenta alla temperatura ma ero troppo presa
dal resto.
Così devo rifare da capo il temperaggio. Il “vangelo
secondo Knam” mi suggerisce di integrare il cioccolato con altro fuso al
microonde che alza la temperatura e poi farla nuovamente scendere spatolando
disperatamente. E spatoliamo. Disperatamente.
Pronta di nuovo. Con la freddezza di un chirurgo
vascolare prelevo la pralina con una forchetta e intingo. Stavolta ci riesco
senza perdermela nel pentolino e senza sbrodolare magma in ogni dove.
Toh, l’ho pure adagiata in maniera precisa e pulita
sul vassoio senza troppe sbavature, stavolta non ci sono attaccati tutt’attorno
gli anelli di Saturno!
Sono soddisfatta. Salvo poi scoprire che sotto il
cioccolatino è rimasto scoperto. Nudo.
Cerco di riacquistare un minimo di calma e contegno.
Ritempero per la terza volta e via andare.
Questa volta il risultato è abbastanza soddisfacente.
Anche perché man mano che si raffreddano riesco a staccare delicatamente
l’eccesso di cioccolato con un coltellino.
Iniziano ad avere una forma più riconoscibile,
sembrano più dei veri baci e non dei tartufi scorzoni masticati dal cane.
Adesso devono asciugare. Non devono essere toccati,
per carità, altrimenti il calore delle dita può compromettere tutto. Li lascio
sulla credenza del salotto, in un punto fresco e “consiglio caldamente” a tutti
di stare alla larga. Eppure, avverto un certo movimento sospetto … mah.
Quando il giorno dopo vado a prenderli per le foto di
rito noto con disappunto che:
a-
Mi sembrano decisamente meno della sera prima.
b-
Qualcuno non è rimasto perfettamente liscio e
brillante ma ha una superficie rugosa o peggio sfumata. Segno che il
temperaggio non era del tutto corretto. Almeno non costantemente.
c-
Qualcuno presenta dei segni sospetti … segni che non
c’entrano nulla con i problemi del temperaggio … segni di forma concentrica …
inequivocabile: impronte digitali di piccole dimensioni. Ho già un sospetto. Al
mio confronto quelli di CSI son boy scout.
Decido di fotografarli comunque, scegliendo i meno
peggio. Perché in fondo sono soddisfatta di me stessa: ci ho provato, a
dispetto della mia proverbiale incompetenza e approssimazione ci sono anche
riuscita, almeno in parte. Infine mi sono venuti anche buoni. Cosa questa non
così scontata visto che ho scelto una farcia un po’ particolare che non
prometteva granché bene all’atto pratico.
Ho scelto infatti di farcirli con la confettura di
fagioli azuki, sia quelli rossi che quelli verdi.
Questa confettura è tipica della cucina giapponese, è
la base di quasi tutti i loro dolci, pochi per la verità. In questo periodo mi
sto dedicando a sperimentare qualche ricetta giapponese che non sia sushi o
tempura e mi sono imbattuta in questa ricetta. Da li a volerne fare dei
cioccolatini il passo è stato breve.
Questi baci li dedico a una persona che ultimamente ha
una fissa per il Giappone. Una persona che ogni volta che dico di voler lasciar
perdere il blog mi incoraggia con un sorriso e un commento buffo e orgoglioso.
Una persona che ha dimostrato di fidarsi e di voler assaggiare cose che mai
avrei creduto assaggiasse. Ma soprattutto la persona che ha lasciato quelle
impronte di bimbo (non ci sono dubbi) sui cioccolatini. Mio figlio Diego.
La mia frase d’amore materno è più un augurio e un
consiglio. Anzi due, come i due tipi di baci.
“Il tuo sorriso è la forza della tua vita.
Se sorridi puoi cambiare te stesso, gli altri e il futuro”
“Egao
wa ikiru enerugi.
Egao
ga areba jibun ga kareru tanin ga kareru unmei ga kareru.”
Proverbio
giapponese.
“In
qualsiasi direzione vai, vacci con tutto il cuore”
Aforisma
zen.
BACI
KOSHIAN CON RISO SOFFIATO
Per la copertura:
300g cioccolato fondente al 60%
Per la farcia:
100g marmellata Anko (di azuki rossi) versione
Koshian,
30g cioccolato fondente al 50%,
1 cucchiaio di Sakè o grappa bianca (facoltativi),
3 cucchiai colmi di riso soffiato.
Per la marmellata Anko:
100g fagioli Azuki rossi,
100g zucchero.
Sciacquate per 4-5 volte i fagioli in acqua corrente. Metteteli
in ammollo per tutta la notte coperti con acqua fredda.
Sciacquate nuovamente e metteteli in una pentola
coperti di acqua fredda, portate a bollore, quando forma la schiuma scolate e
sciacquate. Ripetete l’operazione per altre due volte. Questo procedimento
serve per togliere il sapore allappante dei fagioli.
Rimetteteli nuovamente nella pentola con il doppio del
loro volume di acqua fredda, portate a bollore e fate cuocere a fuoco dolce per
almeno due ore mescolando di tanto in tanto.
L’acqua si deve assorbire tutta e i fagioli devono
essere molto morbidi. Se così non fosse unite poca acqua calda e continuate a
cuocerli.
A questo punto unite lo zucchero, fatelo sciogliere e
cuocete per circa 15 minuti mescolando continuamente per ottenere un composto
sodo e granuloso, con ancora qualche pezzo di fagiolo. Questa versione si
chiama “Tsubu an”.
Per ottenere la versione “Koshi an” occorre frullare
la marmellata o passarla al passaverdure. Si può frullare anche prima di
mettere lo zucchero.
Mettete in un vaso di vetro ben pulito, chiudete, fate
raffreddare e conservate in frigo. Se volete conservarla più a lungo
sterilizzate il vasetto ben chiuso in acqua bollente per almeno 30 minuti.
Preparate la crema dei cioccolatini.
Scaldate la confettura Anko con il Sakè o la grappa.
In questo modo si ammorbidisce un po’ ed evapora un po’ l’alcool. Ma potete
anche omettere il liquore. Io li ho fatti entrambi perché doveva mangiarli
anche mio figlio.
Sciogliete il cioccolato grattugiato a bagnomaria e
unitelo alla confettura. Mescolate bene e fate raffreddare. Unite il riso
soffiato.
Formate tanti mucchietti grossi come una nocciola, con
l’aiuto di una sac à poche o con due cucchiaini. Date la classica forma di
bacio con una piccola cupoletta di confettura sulla sommità oppure con qualche
granello di riso soffiato.
Mettete in frigo a solidificare per mezz’ora.
Temperaggio del cioccolato e copertura dei baci.
Per il temperaggio ho preferito usare la tecnica per inseminazione: tritate il
cioccolato e mettetene 2/3 in un pentolino. Fatelo fondere a bagnomaria,
facendo attenzione che l’acqua del bagnomaria bollendo troppo non vada a finire
nel cioccolato, altrimenti si rovina.
Potete anche farlo fondere al microonde, a media
potenza, azionandolo per 15 secondi alla volta e mescolando il cioccolato finché è ben sciolto.
Quando il cioccolato è sciolto e ha una temperatura di
circa 45°C (è meglio avere un termometro) unite il resto del cioccolato
grattugiato e mescolatelo bene, fuori dal bagnomaria. Lavoratelo con una
spatola per due minuti circa in modo da incorporare bene tutto il cioccolato e
abbassare la temperatura a circa 28°. A questo punto rialzate la temperatura a
circa 30°C semplicemente rimettendolo nel bagnomaria, non sul fornello. In questo
modo potete anche mantenere la temperatura del cioccolato … o almeno provarci.
Adesso tuffate le palline di crema nel cioccolato fuso
una alla volta, ricopritele delicatamente e prelevatele con una forchetta.
Adagiatele su un vassoio coperto di carta forno e fate asciugare al fresco ma
non in frigo.
BACI
“MAME AN” AL TE VERDE, ZENZERO E RISO SOFFIATO.
Per la copertura:
300g cioccolato fondente al 70%
Per la farcia:
100g confettura Mame an di Azuki verdi,
30g cioccolato bianco,
1 cucchiaino te verde Matcha,
un pizzico di zenzero in polvere,
3 cucchiai di riso soffiato,
1 cucchiaio di Sakè (facoltativo).
Per
la confettura Mame an:
100g fagioli Azuki verdi,
100g zucchero.
Il procedimento è lo stesso della Anko. Però questa
rimane decisamente più dolce e stucchevole, penso che se mai la rifarò
diminuirò un po’ lo zucchero.
Per
la crema dei cioccolatini.
Scaldate la confettura con il Sakè, incorporatevi il
te verde e lo zenzero e mescolate per qualche minuto perché si insaporisca bene
e l’alcool evapori. Sciogliete il cioccolato bianco e unitelo alla confettura.
Fate raffreddare e incorporate il riso soffiato.
Formate i cioccolatini come per la ricetta precedente.
Metteteli in frigo per mezz’ora e poi ricopriteli col cioccolato fuso
temperato.
Devo ammettere che subito ero un po’ scettica su
questi secondi cioccolatini, confesso che la marmellata di Azuki verdi ha un
gusto un po’ strano, poco riconoscibile come dolce ai nostri palati
occidentali, mettiamola così. Invece tutto sommato non è affatto male, forse il
te, lo zenzero, il cioccolato amaro sopra …
Vi lascio con un altro proverbio, sempre dedicato al
mio piccolo ladro di cioccolatini. Però ha giurato che si è mangiato solo
quelli più brutti: “quelli non li fotografavi di certo, tanto valeva mangiarli”.
Che si può rispondere?
“Quando si è in un pasticcio, tanto vale
goderne il sapore”
Cit.
Confucio (Che
era cinese, ma calza a pennello …)
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Ecco le prove del misfatto.... |