E anche
Ferragosto è passato. La festa di mezza estate, il giro di boa. Anche se
quest’anno l’Estate sembra essere ancora da venire.
Ferragosto è
la festa dei gavettoni, dei falò in riva al mare, delle grigliate, dei pic-nic
sui prati. Antica festa pagana del raccolto nell’antica Roma, diventata poi
festa cattolica dell’Assunzione di Maria in Cielo.
Qui a
Frabosa Soprana questa data significa soprattutto festa della Raschera, del
Bruss e degli altri loro fratelli, i formaggi d’alpeggio.
La Raschera
è un formaggio DOP che si produce nella provincia di Cuneo, soprattutto nella
zona del Monregalese, i dintorni di Mondovì.
Ma solo il
formaggio prodotto sopra i 900m di altitudine e in nove comuni specifici può
fregiarsi della denominazione di Raschera
d’Alpeggio DOP.
Tra questi
comuni c’è appunto Frabosa Soprana, dove ogni anno, da ormai 41 anni, si svolge
la Sagra della Raschera. Proprio a Ferragosto.
Perché è
proprio in questo periodo che si può iniziare a gustare il formaggio
proveniente dalle malghe, i pascoli di montagna. Quello fatto col latte delle
mucche che hanno cominciato a salire all’alpeggio all’inizio dell’estate.
Perché ci vogliono almeno 2 mesi di stagionatura perché sia pronto. Quindi in
teoria il vero formaggio di malga non dovrebbe esserci prima della fine di
luglio circa, ma dovrebbe esserci solo quello prodotto con latte di mucche
ancora nella stalla, alimentate a fieno., la Raschera "invernale".
Oppure si
trova il formaggio d’alpeggio stagionato ben oltre i due mesi, che ha una pasta più
compatta e asciutta, con un colore più paglierino e un sapore più piccante. Che
io personalmente prediligo, magari accompagnato dalla cugnà, la confettura di
mosto d’uva, pere e noci, tipica delle langhe, e un “rubatà”, un grissino
tipico di queste zone. Ovviamente con un buon bicchiere di vino rosso.
La Raschera d’Alpeggio
più giovane ha una pasta morbida e compatta, di colore bianco avorio e dal sapore
delicato. Entrambe le versioni si riconoscono per la forma quadrata, con
l’etichetta gialla con la scritta Raschera d’alpeggio DOP ben visibile in
verde.
Esiste poi
la versione cosiddetta “di pianura”, sempre DOP, prodotta in tutto il cuneese,
riconoscibile per l’etichetta di colore verde. Questo formaggio ha un gusto più
dolce e delicato e pasta più morbida. Può essere prodotto anche con latte
pastorizzato e venduto dopo solo 30 giorni di stagionatura. Si trova più
facilmente anche nei negozi e supermercati fuori dal Piemonte.
Ma oggi mi
voglio dedicare solo alla Raschera d’alpeggio. E ai suoi fratelli.
Perché qui a
Frabosa, nel caseificio del Consorzio della Raschera, si producono anche altri
ottimi formaggi, tutti fatti con latte crudo proveniente dalle malghe, i
pascoli alpini.
Per esempio
c’è un erborinato che non ha nulla da invidiare ad altri più famosi, magari
d’oltralpe: il Blu del Monte Moro.
Che è la montagna che sovrasta il paese di Frabosa.
Questo formaggio
si produce sia con latte di mucca, più dolce e cremoso, soprattutto quando è
molto fresco, che di capra, un po’ più saporito.
Altro
formaggio particolare e il “Frabusan
Ciuc”, prodotto con latte di mucca o misto e fatto stagionare nei raspi
dell’uva rossa. La sua crosta assume un colore rossastro e il sapore è molto
sapido, con una consistenza granulosa.
Ma i malgari
sanno creare tanti piccoli capolavori, con latte delle mucche e delle capre che
si arrampicano sui pascoli: tome, robiole, piccoli formaggi avvolti nelle
foglie di castagno o nelle erbe di montagna e poi il Seirass, ossia la ricotta di montagna.
Infine,
ultimo ma non per importanza, arriva il Bruss.
Che non è un formaggio vero e proprio ma una crema di formaggio molto saporita
e piccante. Non so se il termine bruss
abbia veramente questo significato, di qualcosa che brucia il palato, però l’allusione
è azzeccata.
Questa crema
si trova un po’ in tutto il cuneese. Ovunque si producano formaggi, di
qualunque tipo. Nasce dall’esigenza di recuperare quei formaggi rimasti troppo
in dispensa e diventati troppo duri e stagionati, persino ammuffiti. Per non
buttarli, perché niente doveva essere sprecato, venivano fatti a pezzetti piccoli
e messi tutti insieme in un contenitore di coccio o vetro, irrorati con panna o
latte o piuttosto il siero del latte, quello che serve a fare la ricotta.
Venivano lasciati li a fermentare per qualche giorno, mescolati di tanto in
tanto con un cucchiaio di legno. Pian piano tutti quei pezzi di formaggio si
scioglievano diventando una crema a questo punto la fermentazione veniva
arrestata con l’aggiunta di un distillato che poteva essere grappa, genepy,
cognac o altri e lasciato insaporire ancora qualche giorno. Dopo almeno 1 mese
la crema, molto saporita, era pronta da spalmare sul pane o sulla polenta e
innaffiata dall’immancabile Barbera.
Più la crema
restava a riposare nel vaso di terracotta e più diventava forte e piccante,
tanto da far persino lacrimare gli occhi. Da qui probabilmente il nome.
Ora è
difficile trovare il vero Bruss. Viene fatto ancora in molte case ma per
consumo casalingo. Quello che si trova in commercio lo ricorda vagamente. È una
crema solo leggermente piccante, fatta per lo più con ricotta e crema di latte
per renderla accessibile anche ai palati meno robusti. Ma è comunque una
delizia da provare.
A Frabosa
Soprana è nata nel 1976 una speciale Confraternita che si prefigge di tutelare
e promuovere questi prodotti della zona che rischiavano di venire dimenticati,
la “Confraternita della Raschera e del
Bruss”.
Ogni anno i
Cavalieri della Raschera, insieme al Comune, alla Proloco e al gruppo degli
Alpini di Frabosa Soprana mettono i moto una vera e propria macchina da guerra
per organizzare la Sagra di Ferragosto. Una festa di montagna in grande stile
con tanto di sfilata storica in costume, sbandieratori, banda musicare, gruppi
vocali e folcloristici che si alternano per le vie del paese e una grande fiera
di prodotti tipici enogastronomici di ogni parte della provincia.
Potevo io
lasciarmi scappare un’ occasione così ghiotta? Certo che no. Soprattutto perché
dopo tanti anni ormai sono mezza frabosana anch’io.
Mi sono
buttata a capofitto tra le bancarelle, in un orgia di assaggi e degustazioni.
Poi ho
deciso che per rendervi partecipi di tutto questo ben di Dio dovevo
assolutamente cucinare qualcosa di adatto. Con i formaggi frabosani s’intende,
Raschera in primis. Ma cosa?
Quale
ricetta avrebbe omaggiato di più questi prodotti? Una sola non basta.
Allora ecco
un intero menù dedicato alla Raschera e ai suoi fratelli di malga. Buon
appetito.
Aperitivo: Bruss con crostini o cracker ai
cereali.
Antipasto: Budini al Blu del Monte Moro con
composta di cipolle.
Primo: Tagliolini alle ortiche con
Raschera e pancetta croccante.
Secondo: Medaglioni di maiale con uva, noci
e Raschera d’alpeggio.
Dessert: Crème Brulée al formaggio.
Dell’aperitivo
non sono pervenute fotografie. Non ci siamo riusciti.
Non vi do
nemmeno una vera e propria ricetta. Ma d'altronde non è che ci voglia una
scienza: si apre una confezione di crackers, meglio ai cereali integrali o si
affetta del buon pane casereccio, si apre un barattolo di Bruss e si stappa una
bottiglia di vino fresco.
Per esempio
un Arneis, che regge persino il gusto forte del Bruss. O per rimanere sul tradizionale un Barbera d’Alba.
Entrambi
questi vini possono tranquillamente accompagnare tutto il pasto.
BUDINI AL BLU DEL MONTE MORO CON
CIPOLLE IN AGRODOLCE.
Per i budini:
200g Blu del
Monte Moro di vacca,
200g robiola
fresca o ricotta piemontese,
50 ml panna
fresca,
1 uovo,
2 cucchiai
di marsala secco,
burro per
gli stampini.
Per le cipolle in agrodolce:
3 cipolle
rosse,
2 cucchiai
di uvetta sultanina,
1
bicchierino di Marsala secco,
½ bicchiere
di vino rosso corposo,
1 cucchiaio
di zucchero di canna,
1 cucchiaio
di aceto balsamico,
un
cucchiaino di burro,
un pizzico
di sale.
Imburrate
bene 6 stampini da budino di alluminio usa e getta, o quelli da muffin.
Frullate i
formaggi con il liquore, l’uovo e la panna. Aggiustate di sale e versare negli
stampini da budino. Infornate a 170° per circa 40 minuti. Fate intiepidire
prima di sformare i budini.
Preparate la
composta di cipolle: mettete l’uvetta in ammollo in acqua fredda.
Affettate le
cipolle sottilmente e fatele rosolare dolcemente nel burro, sfumate con il
marsala e fate evaporare.
Unite il
vino rosso e fate cuocere le cipolle a fuoco moderato mescolando di tanto in
tanto per 10 minuti. Aggiungete, l’uvetta sgocciolata, lo zucchero e l’aceto
balsamico e continuate a cuocere per 10 minuti.
Servite i budini tiepidi con la composta di cipolle e
qualche goccia di glassa di aceto balsamico. Accompagnate con crackers al
farro.
Per questa
ricetta mi sono ispirata a un piatto apparso l’anno scorso su Sale e Pepe. Ho
cambiato qualcosa perché non avevo più sottomano il giornale e non mi ricordavo
perfettamente la ricetta. Però è andata bene lo stesso.
TAGLIOLINI ALLE ORTICHE CON RASCHERA
E PANCETTA CROCCANTE.
Ho gustato questi
tagliolini due settimane fa, presso il ristorante del Circolo Ippico “La Pelata”
, sempre di Frabosa Soprana, dei miei amici Bobo, Francesca e Severino, che
ringrazio.
Io ho fatto
come sempre di testa mia aggiungendo anche la fonduta di Raschera che loro non
avevano messo, ma mi serviva per il menù a tema. Devo dire che ci sta proprio
bene.
Severino mi
ha suggerito anche un semplice condimento di battuto di salvia e lardo, con una
generosa macinata di pepe. Da provare quanto prima. A “La Pelata” ovviamente.
Per la pasta:
200g farina
00,
200g semola
fine,
50g farina
integrale,
200g di
punte di ortiche o altre erbette (tipo borragine) già pulite e lavate,
3 uova
grandi,
acqua
fredda,
sale fino.
Sbollentate
le foglie di ortica per due minuti circa in acqua bollente leggermente salata,
scolatele e strizzatele. In questo modo eliminerete la peluria urticante.
Se
utilizzate altre erbette potete farle appassire direttamente in una padella
antiaderente con un pizzico di sale, dopo averle tagliate a julienne. Mettete
il coperchio per creare vapore, dopo un minuto toglietelo e fatele asciugare.
In questo modo rimangono più saporite e brillanti.
Frullate le
ortiche finemente, aggiungendo pochissima acqua di cottura per facilitare
l’operazione.
Con le
farine formate la fontana, unite il frullato di ortiche, le uova e iniziate a
lavorare con una forchetta incorporando pian piano la farina, se occorre unite
poca acqua alla volta.
Impastate
energicamente tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto liscio e
omogeneo, non deve essere appiccicoso, altrimenti unite altra farina.
Con la
macchina per tirare la pasta stendete delle sfoglie lunghe circa 25-30cm, non
devono essere troppo sottili. Sempre con la macchinetta ricavate i tagliolini,
utilizzando la trafila più piccola. I tagliolini devono essere praticamente a
sezione quadrata.
Stendete nei
vassoi di carta ben infarinati e fate asciugare.
Potete fare
la pasta il giorno prima e metterla in un luogo fresco e asciutto coperta con
teli puliti. Oppure in frigo se avete spazio.
Potete
preparare la pasta anche con anticipo e congelarla larga nei vassoi, una volta
congelata potete sovrapporla e metterla tutta in un contenitore di alluminio
tipo quelli per le lasagne.
Per la fonduta di Raschera:
100g
Raschera d’alpeggio DOP giovane (solo 2 mesi di stagionatura), oppure Raschera
DOP dolce (di pianura),
100ml latte
intero,
100ml panna
fresca,
1 cucchiaino
scarso di fecola,
noce
moscata,
qualche
foglia di salvia,
1 cucchiaio
di burro.
Per completare:
qualche
foglia di salvia,
200g
pancetta affumicata tagliata a striscioline.
Tagliate la
Raschera a dadini e metteteli in un pentolino a bagno nel latte con qualche
foglia di salvia, lasciate in infusione per una mezz’ora circa. Poi fate
sciogliere il formaggio lentamente a bagnomaria, a fuoco dolce, mescolando
spesso.
Unite la
panna e una grattatina di noce moscata. Se fosse troppo liquida stemperatevi la
fecola impastata con un cucchiaino di burro.
Non
preoccupatevi se la fonduta rimane un po’ granulosa, è il tipo di formaggio che
non scioglie come la Fontina. Bisognerebbe aggiungere un tuorlo d’uovo, che non
so per quale reazione chimica aiuta a sciogliere la materia grassa del
formaggio e rende la crema setosa e omogenea, ma io preferisco non appesantire
troppo la fonduta, visto che servirà da condimento.
Fate
rosolare la pancetta in una larga padella, quando è bella croccante toglitela
dalla padella e mettetela da parte. Nella stessa padella fate sciogliere una
noce di burro con qualche foglia di salvia.
Lessate i
tagliolini al dente in abbondante acqua salata. Scolateli e fateli saltare
nella padella col burro fuso, due cucchiaiate di fonduta e pochissima acqua di
cottura.
Infine unite
la pancetta croccante. Tenetene caso mai un po’ per guarnire il piatto.
Impiattate i
tagliolini completando con una bella cucchiaiata di fonduta e la pancetta
rimasta.
Per il resto
del menù dovrete aspettare il prossimo post. A presto.