martedì 24 novembre 2015

RAVIOLI CON “TOCCO” DI CARNE ALLA LIGURE PER L’MTC.

E dico ligure e non genovese, non per caso, ma per puntiglio.
Anzi, dovrei proprio dire alla savonese.
Perché la provincia di Savona esiste, è viva e lotta insieme a noi.
Non c’è una landa desolata tra Genova e Sanremo, ci sono paesi, cittadine, spesso con millenni di storia alle spalle, dialetti e tradizioni ben definite.
Anche la cucina ligure di ponente esiste, forse dovrei dire di centro così si capisce cosa intendo.






Perché nel resto d’Italia, quando si parla di Liguria, in televisione, nei documentari, si pensa quasi sempre in primis al Tigullio, alle Cinque Terre, ovviamente Portofino, con qualche sforzo si arriva fino a Genova e poi si salta di botto fino a Sanremo, ma solo nel periodo del Festival. O se la giunta comunale combina qualche casino. Poi basta.
In mezzo sembra non esserci niente. Un buco nero, un deserto lungo 150Km. Una Terra di Mezzo aspra e selvaggia.

Invece la via Aurelia prosegue per tutta la costa e attraversa questa provincia così bella che non ha nulla da invidiare ad altre zone più conosciute.  
La vista spazia su panorami stupendi, tra scogliere ripide si nascondono piccole spiaggette di ciottoli, alternandosi a lidi più ampi e sabbiosi. Perché a partire da Varazze il territorio inizia ad addolcirsi un po’, anche i piccoli borghi dell’entroterra sono più a ridosso del mare, quasi a volerlo sempre tenere sott'occhio, a far capolino tra viti, olivi e piante di chinotto.

Se il terreno si addolcisce, il carattere degli abitanti al contrario sembra chiudersi un po’ di più. Mentre i genovesi, esperti commercianti, sono più aperti e loquaci, per quanto possano esserlo i liguri, i savonesi sono un po’ più diffidenti, per usare una parola locale, sono “stundäi”, che purtroppo non ha un vero corrispettivo nella lingua italiana, forse burbero, ma non rende. Stundäio è una persona un po’ scostante, diffidente e brontolona, ma se il mugugno a Genova è libero, a Savona è un moto dell’animo. Noi siamo mugugnoni dentro. Pessimismo e fastidio.
Salvo poi uscire con qualche battuta ironica mai lasciata al caso, poche parole ma dirette, mai troppe, mai troppo poche. Più un motteggio scherzoso, un commento buttato là, una battuta lieve,  a volte anche meno, una significativa alzata di sopracciglio, un sorrisetto o una scrollata di spalle.
Perché i savonesi più che commercianti e navigatori, sono sostanzialmente pescatori e contadini, quindi abituati al silenzio, a non sprecare tempo in chiacchiere, ma dotati di una forte ironia e senso della battuta. Tendenzialmente vogliamo rimanercene tranquilli nel nostro “recantu”, cantuccio (come gli hobbit, in effetti, ma più alti e meno pelosi).
Forse è per questo che le nostre tradizioni, i nostri dialetti e anche la cucina non sono tanto conosciuti o comunque messi in ombra dalla Superba. Ci vuol tutta che li conosciamo e accettiamo tra comuni limitrofi. Veramente si riesce a litigare persino tra borgate dello stesso comune.

La cucina del savonese, pur avendo propri piatti tipici, è abbastanza simile a quella del resto della regione e quindi a quella genovese. Quasi, con qualche piccola differenza: una stessa ricetta po’ subire moltissime varianti man mano che ci si sposta da levante a ponente.
Eppure son sempre piatti della tradizione.
Non è che le massaie savonesi, o finalesi, o feglinesi si sbagliavano, semplicemente usavano quello che gli forniva il territorio. Magari meno spezie, perché meno reperibili e più erbe aromatiche. Più verdura, visto che il terreno meno aspro consentiva di coltivare più facilmente e meno carne. Per esempio, anche noi facciamo la cima ma il ripieno è un po’ più verde, però è sempre cima ligure, savonese, finalese o feglinese, ma sempre ligure.

Lo so che probabilmente non ho scelto un buon momento per un moto di orgoglio ponentino (o mediano) visto che si tratta di una sfida dell’MTChallenge che è nata a Genova, soprattutto visto che i giudici a sto giro sono tutti genovesi, una è anche genoana, ma  pazienza.
Il tema della gara è stato scelto da Monicae Luca, i vincitori del mese scorso, appena l’ho letto mi son sentita chiamata dalla causa, non potevo tirarmi indietro di fronte a una ricetta che è nel mio DNA, però ho pensato anche che fosse un po’ ora di far sapere quanto la cucina ligure non si possa solo identificare con una parte del territorio, sebbene quella parte ci rappresenti molto bene. Scusate ma non ho resistito, ho dovuto rispolverare il vessillo della Terra di Mezzo. Rischierò la scomunica.
Miei prodi hobbit, al mio segnale impastate ravioli!





L’argomento della sfida sono infatti i ravioli, “iraieu co-u tuccu”, per la precisione. Cioè ravioli conditi con un sugo di carne e pomodoro ma un po’ particolare: “u Tuccu”, cioè il pezzo è riferito alla carne che viene cotta molto lentamente con odori, vino e pomodoro regalando sapore al sugo ma rimanendo nel contempo morbida e succulenta. Merito della lunga cottura a bassa temperatura, che adesso è tanto di moda ma non è certo una novità, e del taglio di carne giusto. Quindi alla fine la gara è anche su questo.

Con questa parola viene spesso indicato anche solo il sugo con cui vengono conditi i ravioli, mentre la carne potrebbe finire nel ripieno.
Potrebbe perché non è sempre così, da noi spesso viene mangiata a parte e col sugo si condiscono semplicemente i ravioli.
I nostri ravioli sono un po’ più verdi: di bietole o erbette miste, erbe aromatiche a manciate. La carne, poca, quando c’è e se c’è, non è quella del sugo che è cotta nel pomodoro, ma è un avanzo di arrosto o bollito, spesso viene cotta appositamente.
Oppure si può mettere un po’ di mortadella tritata o raramente prosciutto cotto.
Nell'entroterra di Savona, verso la Val Bormida, invece si mettono anche midollo e animelle nel ripieno insieme alla carne. Comunque non deve mai prevalere sulle verdure.
La quantità della carne può diminuire fino a scomparire del tutto, diventano così ravioli di magro, che non sono i pansotti genovesi in quanto non hanno ricotta ne cagliata.

Questi sono i ravioli come ho imparato a conoscerli io, quelli che ogni festa comandata arrivano in tavola, preparati dalla mamma o dalla zia, dalle nonne e dalla mia prozia prima di loro, ancora prima dalle bisnonne. 
Quelli che ho imparato a fare sin da bambina, in piedi su una sedia, nella “cucinetta”, dove c’era una grossa madia di legno per impastare e un tavolone dove le sfoglie venivano farcite, piegate e tagliate in un lavoro comune che coinvolgeva tutte le donne di famiglia. Una catena di montaggio con tanto di gerarchia: le più piccole sistemavano i ravioli nei vassoi, poi man mano si poteva tagliarli, tirare la sfoglia, mettere il ripieno e così via. 
Io ero un tantinello impaziente, un filino impulsiva e intraprendente, diciamo che volevo saltare le tappe. Infatti la mia prozia Teresa, la vera depositaria del titolo di prima cuciniera, la chef di brigata, tentava ogni volta di mandarmi a giocare da qualche parte, mugugnando che le facevo perdere tempo. Poi però ridacchiava tra sé, contenta di quella nipote curiosa e un po’ casinista. In quelle giornate c’era sempre la merenda dei ravioli: zia, o nonna, preparavano qualche raviolo sovradimensionato e li mettevano a cuocere direttamente sul piano della stufa a legna, venivano delle focaccette croccanti e abbrustolite con un morbido ripieno, che io e mia cugina ci litigavamo.

Il “toccu” ultimamente è stato un po’ soppiantato dal ragù. Ho cercato di recuperare una ricetta di famiglia, sostanzialmente è simile a quello proposto dal Monica e Luca, solo che non ci sono i funghi e il midollo, mentre compaiono molte più erbe aromatiche.
Se volete vedere i ravioli di Monica e Luca, quelli alla genovese con il loro sugo andate nel loro blog: Fotocibiamo.
Questi sono quelli della Terra di Mezzo.





RAVIOLI DI ERBETTE.
(Per circa 2,5 Kg di ravioli)

Per il ripieno:
1,5 kg di bietole, erbette (spinaci, borragine), scarola*,
1 cipolla,
1 piccola gamba di sedano (quelle al cuore che son più tenere)
1 carota piccola,
una manciata di foglie di prezzemolo,
4 rametti di maggiorana fresca,
qualche fogliolina di salvia fresca (quelle in cima che sono più tenere e giovani),
250g mortadella o carne arrosto,
100g parmigiano,
3 uova grandi,
pangrattato,
olio e.v.o,
sale, pepe, noce moscata.

*le bietole di solito la fanno da padrone, le altre erbette sono variabili a seconda del gusto e della reperibilità. Da cotte si riducono a poco più della metà.

Lavare molto bene le bietole e le erbette. Si può procedere in due modi: si possono cuocere le verdure in acqua bollente non salata per 2-3 di minuti, si scolano, si strizzano bene e si tritano finemente. Oppure si tagliano a listarelle sottili da crude e si mettono ad appassire in una padella antiaderente col coperchio senza nient’altro per un paio di minuti, appassiranno nel loro liquido di vegetazione mantenendo un bel colore brillante.
Tritate sedano, carota, cipolla e le erbe aromatiche molto finemente. Fateli appassire dolcemente con due cucchiai di olio d’oliva in una padella per almeno 10 minuti, mescolate di tanto in tanto, non devono rosolarsi, solo stufare e asciugarsi.
Unite le erbette e fatele insaporire un paio di minuti.





Fuori dal fuoco unite la mortadella tritata. Fate raffreddare e tritate finemente il ripieno, potete anche passarlo al mixer. Unite le uova, il parmigiano grattugiato, noce moscata a gusto e aggiustate di sale.
Il ripieno deve essere asciutto e sodo, se fosse troppo molle unite uno o due cucchiai di pangrattato.
Il ripieno si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigo ben sigillato con la pellicola, anzi è molto più buono. In questo caso mamma, zie e nonne però aggiungevano le uova solo all’ultimo, perché fossero ben fresche e non si alterassero. Scientificamente non so se sia valido questo criterio ma io ho imparato così e continuo a far così.

Per la pasta:
1kg di farina per pasta fresca,
5 uova,
sale, acqua fredda.

Fate una fontana con la farina setacciata, rompete al centro le uova, unite una bella presa di sale e iniziate a impastare battendo prima le uova al centro con una forchetta, poi unite pian piano la farina, aggiungendo poca acqua alla volta.
Impastate velocemente e con energia fino ad ottenere un impasto morbido, liscio ed omogeneo. Tenete sempre la pasta coperta con un foglio di pellicola e uno strofinaccio in modo che non si asciughi.


Preparate i ravioli:
Tirate la sfoglia non troppo sottile. Io ho usato l’apposita macchinetta sfogliatrice, ho tirato la pasta stringendo a poco a poco fino alla penultima tacca della rondella.
A questo punto potete usare l’apposito stampo per ravioli, che io non ho e non saprei usare perché in famiglia si facevano rigorosamente a mano, sicuramente sveltirebbe l’operazione e ha il vantaggio di avere dei ravioli tutti uguali, fate come volete. Io vi indico come farli senza.
Con l’aiuto di due cucchiai o una sac à poche fate tanti mucchietti di ripieno, grossi poco più di una nocciola, in fila  sul bordo del lato lungo delle sfoglie, a una distanza di circa un dito l’uno dall’altro. Ripiegate la pasta sopra il ripieno, sigillate i ravioli iniziando dal centro, premendo con le dita delicatamente tra un mucchietto e l’altro, in modo che esca bene l’aria. Sigillate anche il bordo orizzontale. Tagliate prima la striscia di ravioli con la rotella e poi pian piano i singoli ravioli. I ravioli devono essere più o meno tutti uguali, quadrati di circa 3cm di lato, e con poca pasta intorno.




A me, sta volta, son venuti un po’ troppo grossi, anche perché avevo anch’io il mio “tirocinante-impaziente-che-mi-fa-perdere-tempo-ma-che-adoro-avere-attorno”. La storia si ripete. Peccato solo di non aver avuto la stufa a legna per cuocere la merenda raviolo.





Disponeteli (senza mangiarli crudi, almeno non troppo) su dei vassoi di carta infarinati e fateli asciugare. Potete mettere i vassoi nel freezer, una volta congelati riuniteli tutti in un sacchetto di plastica per alimenti. Si conservano per un paio di mesi.





Lessate i ravioli per circa tre minuti in abbondante acqua salata, scolateli delicatamente e conditeli col sugo della carne. Serviteli con abbondante parmigiano.









TOCCO DI CARNE.

Ingredienti:
600g polpa di manzo un po’ marezzata di grasso e tessuto connettivo (matamà),
100g di salsiccia in un solo pezzo (aggiunta mia personale),
1 carota piccola,
1 gambo di sedano,
1 cipolla,
400g passata di pomodoro densa,
1 foglia di alloro,
1 rametto di salvia,
2 rametti di maggiorana fresca,
1 manciata di foglie di prezzemolo,
200 ml di vino bianco secco,
olio e.v.o,
sale, noce moscata.

Tritate finemente sedano, carota, cipolla, prezzemolo e maggiorana, fateli rosolare a fuoco dolcissimo con 3 cucchiai di olio in una pentola stretta e profonda che contenga la carne quasi di misura e con fondo molto spesso (va bene una pentola di ghisa o coccio o acciaio molto spesso), bagnate con due cucchiai d’acqua in modo che le verdure si stufino senza bruciare.
Unite la carne e la salsiccia, fate rosolare per qualche minuto da tutti i lati, bagnate con il vino e fate evaporare l’alcool per qualche minuto a fuoco vivace.
Unite la salsa di pomodoro e la salvia e l’alloro, appena la salsa inizia a sobbollire abbassate la fiamma al minimo e fate cuocere semicoperto per circa 3 ore. È meglio usare uno spargi-fiamma perché il fuoco deve essere molto delicato, la salsa deve appena fremere.
Se si asciuga troppo unite poca acqua o meglio del brodo di verdure.
Quasi a fine cottura aggiustate di sale e noce moscata a gusto.
La carne cotta in questo modo diventa morbidissima che si può tagliare con il cucchiaio di legno, il sugo si deve addensare molto.
La carne potete sfilacciarla, rimetterla nel sugo e condire i ravioli o mangiarla a parte come secondo.





Se vi avanza del ripieno potete aggiungere un paio di uova e fare una frittatina, racchiuderlo nella pasta sfoglia o phillo come uno strudel salato, farcire delle fettine di carne e cuocerle nella salsa di pomodoro …

Comunque sia, benvenuti nella Terra di Mezzo.


Note:
·         La ricetta che ha dato il via alla sfida è QUI
·         Se volete la ricetta del ragù alla bolognese, di quello alla napoletana, alla toscana, la vera storia della carne alla genovese, se volete una panoramica completa sulla pasta ripiena di tutto il paese andate nel blog dell’MTChallenge e cercate tra i post del mese di novembre-dicembre. C’è anche una infografica creata appositamente da Daniela.
Se infine volete vedere chi sono gli sfidanti e cosa hanno proposto andate nella pagina dedicata

8 commenti:

  1. Leggendo il tuo post mi è venuto da sorridere perchè io sono spezzina e Spezia è la sorrelastra povera della Liguria.
    Si parla delle 5 terre, Lerici, Portovenere ma Spezia niet!
    Noi spezzini siamo un po come voi savonesi e mi è piaciuto tantissimo il tuo post come i tuoi ravioli!
    Un abbraccio da un'altra hobbit ;)

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  2. Che bel post mia cara, traspare tutto l'amore per la tua terra. Anche per la mia amata Sardegna è lo stesso, per i più è tutta racchiusa tra la costa smeralda, i nuraghi ed Alghero, al massimo è conosciuta per la barbagia tristemente famosa, il resto non esiste, ma in realtà offre molto più di questo.
    A prescindere dalla giuria tu meriti di vincere per il tuo straordinario racconto oltre che per la bontà di questi ravioli.
    Buona giornata.
    Marina

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  3. Manu, come sempre e' un piacere leggere i tuoi post.
    Non solo scrivi molto bene, ma ti ho vista all'opera e sei anche una che in cucina ci acchiappa davvero.
    Chapeau.
    E grazie per lo spicchio di Liguria che ci hai offerto: da esule, apprezzo.
    Ci vediamo a Frabosa appena torno: un abbraccio e ancora BRAVA!

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  4. La provincia di Savona è viva e lotta insieme a noi :D
    Mitica!
    Buoni buoni questi ravioli.. prima o poi proverò anche io il tocco!

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  5. Hai fatto davvero una bella descrizione delle tipicità della tua zona e mi sembra giusto.
    Anche perché, pure nei piatti che prepariamo torna sempre tutto il nostro modo di essere e la reltà nella quale siamo nati.

    Fabio

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  6. La tua zia mi ricorda un pò la mia mamma...la ricetta e bellissima e certo che poi ogni angolo del paese ha le sue tipicità che fai bene a far rispettare,bravissima!!

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  7. Mi piace il tuo orgoglio ponentino in particolare savonese e mi piacciono i tuoi ravioli che ti accompagnano per le feste "comandate" da quando eri piccola con tutti i ricordi del cuore.....insomma oltre ad aver voglia di assaggiarli mi viene voglia di visitare Savona!!vcomplimenti

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  8. anch'io non sono genovese, ma tigullina, però nei ravioli non ci vanno le erbette, forse ti sbagli con i pansoti, ma solo boraggine e scarola e nel tocco poco poco pomodoro e tanti tanti funghi...

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Spero vi siate divertiti qui da me. La mia porta è sempre aperta a tutti quelli che vogliono condividere con me la passione per la cucina e i libri. In amicizia e serenità. Sarò felicissima se mi lascerete un commento, un'opinione, un consiglio ...anche solo un saluto! Fa davero piacere avere un segno del vostro passaggo qui.