venerdì 30 agosto 2013

KÖTTBULLAR, OVVERO LE POLPETTE DELL’IKEA.

Dopo l’ultimo post all’insegna dell’autocompiacimento sono tornata al solito tran tran.
Mi sono rintanata in cucina  ovviamente.  In fondo è quello che so fare meglio, forse dovrei dire è quello che mi piace fare di più.
Non posso mica stare troppo lì a crogiolarmi sugli allori. Anche perché devo anche dimostrare di essere all’altezza della situazione.
Inoltre  avevo un po’ di ricette nuove da sperimentare. Ricette svedesi, per la precisione.

Infatti è iniziata la nuova tappa dell’AbbecedarioCulinario Europeo, che ci porta appunto in Svezia fino al 15 Settembre, ospiti del blog Un uomo dal bagno allacucina.

Come per la Finlandia, anche questa volta ero a corto di ricette.
Nella mia incommensurabile ma beata ignoranza per me la Svezia vuol dire principalmente tre cose: i premi Nobel a Stoccolma, l’Ikea e Pippi Calzelunghe. Quattro con gli Abba.
Ammetto che è un po’ pochino. Ma non posso fare finta di sapere cose che ignoro.

Dopo aver raggiunto questa certezza di socratica memoria ho deciso di farmi un bel giretto sul web. Risorsa ultima di chi come me non può avere informazioni di prima mano: nessun parente o amico di remote origini svedesi, nemmeno parenti di quinto grado, o che sia andato a farsi un viaggetto da quelle parti.

Quindi non ho nemmeno una ricettina “sicura”, cioè proveniente direttamente dalle cucine scandinave.
Mi sono ingegnata come al solito. Ho trovato quasi subito un paio di siti che hanno soddisfatto la mia curiosità.

Uno si chiama Cucina svedese per italiani, come avrete capito è molto ironico e divertente, ma purtroppo è già chiuso. Nel senso che Alberto, l’autore, lo ha scritto durante il suo soggiorno in Svezia per lavoro e ora, essendosi trasferito, ha smesso.
Ma vale la pena comunque darci un’occhiata, perché Alberto descrive in maniera divertente ma molto rispettosa usi, costumi e ricette svedesi, visti da un italiano.
L’altro si chiama Stile Nordico, è scritto invece da una ragazza di origini svedesi ma che vive in Italia. Non ci sono solo ricette, ma parla anche delle feste e della cultura svedese.
In entrambi ho trovato moltissime idee.

Infatti non sapevo da dove cominciare. Poi mi è venuta in soccorso Santa Ikea protettrice dei traslocatori  (e delle mogli in piena sindrome da rinnovo locali).
Ma certo: le polpette dell’Ikea. Che poi non è che siano una loro invenzione, intendiamoci, anche se sembra che siano arrivate direttamente imballate tra la libreria Billy e l’armadio Pax. Ebbene si, lo confesso anche io mi sono lasciata attirare in questo paese dei balocchi per adulti.
Che poi gli uomini fanno tanto i superiori, quelli che non ci vogliono venire e se lo fanno è perché sono costretti da mogli e fidanzate crudeli. Ma poi quando ci sono diventano peggio di noi, con tutte quelle viti, brugole, misure da prendere.
Possono finalmente dar sfogo al piccolo falegname che è in tutti loro.

 “Tesoro, tranquilla, ci penso io!” .

Quante volte lo sentiamo dire avvertendo un brivido di paura, un lieve malessere che ci pervade; sapendo che, dopo che avranno riparato il rubinetto del bagno, l’anta della cucina o quant’altro, poi noi dovremo rimettere TUTTO in ordine, che neanche a chiamare la protezione civile! Quando va bene! Quando non fanno più disastri della grandine!

Invece montare un mobiletto dell’Ikea li impegna beatamente per una mezza giornata senza che riescano a fare troppi danni. Come i bimbi con le Lego.
Tutt’al più li sentiamo smoccolare per aver montato tutto al contrario. Come i bimbi con le Lego, appunto.

A proposito, la Lego non è Svedese? No, forse è Danese. Comunque, sono popolazioni troppo avanti! Hanno racchiuso la cura per l’eccesso di testosterone in uno scatola!

Quindi polpette siano. La ricetta che vi do è essenzialmente la stessa per entrambi i siti, salvo che per la cottura, per quella ho seguito le indicazioni di Alessandro di La renna in cucina.
Che tra l’altro le aveva proposte in una sfida dell’MTCHALLENGE, che mi sono persa.

Metto tutti questi link perché mi sembra doveroso nei loro confronti visto che non si tratta di farina del mio sacco, ma ho attinto abbondantemente dai sacchi loro.
Ma l’esecuzione è tutta mia e devo dire che la serata svedese è stata apprezzata moltissimo!
Anche le foto purtroppo sono le mie … come dubitarne d’altronde: quella luce giallognola della mia cucina all’ora di cena è inconfondibile!

 


Köttbullar – Polpette svedesi.

Ingredienti:
250g carne macinata di manzo,
250g carne macinata di maiale,
60g circa di pangrattato,
1dl latte,
1 cipolla,
1uovo,
1 cucchiaio di senape,
pepe, sale, noce moscata,
olio extra vergine d’oliva o burro,
brodo di carne.

Per la salsa:
½ bicchiere di brodo di carne,
1 cucchiaino di burro,
2 cucchiaini di amido di mais,
1dl di panna,
1 cucchiaio di salsa di soia,
(qui Alessandro mette anche dei funghi secchi sbriciolati, io non li ho messi)

Per accompagnare:
purè di patate,
panna acida con aneto,
confettura di mirtilli rossi (lingonsylt),
cetrioli.

Preparate le polpette: tritate la cipolla finemente, fatela stufare in padella finchè è morbida.
Mischiate la carne con l’uovo,la cipolla, la senape, il pane bagnato nel latte. Aggiustate di sale, pepe e noce moscata. Se l’impasto fosse troppo molle aggiungete ancora del pangrattato. Io in effetti ne ho aggiunto ancora 3 cucchiaiate.
Preparate le polpette rotonde grosse come una pallina da ping pong. Farle rosolare in padella con poco olio o una noce di burro.
Quando sono ben rosolate unite un bicchiere di brodo caldo, deve arrivare a metà polpette. Fatele cuocere per 10-15 minuti. Poi scolatele e tenetele al caldo.

Con il fondo di cottura preparate la salsa: fate sciogliere nel fondo due cucchiaini di amido di mais e una nocina di burro. Unite ancora un mestolino di brodo caldo, la panna  e 1 cucchiaio di salsa di soia. Fate sobbollire ancora per  2-3 minuti. Al posto della salsa di soia, che mi sono accorta all’ultimo di non aver comprato, ho usato un cucchiaino di senape. Devo dire che non ci sta per niente male.

Servite le polpette con la salsina ottenuta, purè di patate  e possibilmente confettura di mirtilli rossi, cioè la “lingonsylit”, che però io non ho trovato (potevo andare all’Ikea!). Così ho preparato una salsina mescolando poca panna acida, con senape e aneto tritato. Quasi autentica!
 
 

mercoledì 28 agosto 2013

IO SONO AFFIDABILE?

Oggi ho ricevuto una bellissima sorpresa: ho trovato un messaggio di Michela del blog A tutto pepe.
Mi ha fatto l'onore di scegliermi come blog 100% AFFIDABILE.
Mi sono sentita emozionata e anche piacevolmente incredula.
Affidabile! Io? Ma ne sei proprio sicura Michela?
Subito dopo è subentrato un certo orgoglio compiaciuto. No, devo essere sincera, ero proprio gasata.
Perchè questo premio è importante. E mi arriva inaspettato e ancora all'inizio della mia web-avventura, cominciata per gioco, per passatempo, ma che adesso sta diventando una passione.
Insomma comincio a crederci sul serio!
Adesso però devo proprio impegnarmi e dimostrare che questo attestato di fiducia me lo merito.
Quindi devo mettere la testa a posto...beh adesso non esageriamo! Sono sempre io!
Dopo un po' è scattata l'ansia: oddio ma adesso tocca a ME scegliere altri 5 blog a cui assegnare il titolo...e adesso come faccio?!
Io sono indecisa per definizione. Ci metto ore a scegliere cosa mettermi, se devo fare la valigia porto mezza casa...non si sa mai! Persino a colazione la mattina non so mai che biscotti mangiare!!
Figurarsi scegliere 5 blog!
Perchè qualcuno lo seguo da tempo e mi ci sono affezzionata, con qualche blogger ho instaurato un reciproco scambio di idee che se non è amicizia poco ci manca. Poi ci sono i blog che ho conosciuto da poco e che già mi piacciono. Quelli che esistono (resistono) da tempo e meritano un riconoscimento. Altri che sono nati da poco come il mio che invece meritano un incoraggiamento.
Che devo fare? Darmi malata?
Un po' sono stata aiutata dal fatto che alcuni avevano già ricevuto il premio e quindi ho potuto tralasciarli con meno senso di colpa.
Comunque ho preso la mia decisione. I 5 blog che ho scelto sono questi, in rigoroso ordine alfabetico:
 
My taste for food di Valentina



Il Blog Affidabile

Come si distingue un Blog Affidabile? Per alcune semplici ma importanti regole:

1) E' aggiornato regolarmente;
2) Mostra la passione autentica del blogger per l'argomento di cui scrive;
3) Favorisce la condivisione e la partecipazione attiva dei lettori;
4) Offre contenuti ed informazioni utili e originali;
5) Non è infarcito di troppa pubblicità.

"Dichiaro che i blog seguenti da me scelti rispettano le 5 regole del Premio "Il Blog Affidabile" disponibili a questa pagina http://www.gliaffidabili.it/a/altro/il-premio-il-blog-affidabile. Sono pertanto una risorsa utile per gli utenti della Rete e meritevoli di essere conosciuti da un pubblico più ampio come gli artigiani, le aziende e i professionisti iscritti su http://www.gliaffidabili.it/".

domenica 25 agosto 2013

CHEESE CAKE O CROSTATA?

La necessità aguzza l’ingegno. Niente di più vero. Da quando la mia colecisti è sul piede di guerra ho dovuto seguire un alimentazione più sana eliminando (temporaneamente spero) alimenti piuttosto pesantucci e privilegiandone altri che non facciano ulteriormente arrabbiare il mio apparato digerente.

Nella mia ricerca di ingredienti più sani ho incontrato la crusca, nello specifico quella d’avena. Fonte di fibre, betaglucani, acido folico e altre vitamine.
Certo, per averne veri benefici bisognerebbe mangiarne a cucchiaiate e confesso che non è molto appetitosa.

Però può diventare un ingrediente di molte ricette. Soprattutto negli impasti dolci e salati, soprattutto se mischiata a farine di altri cereali.
L’ho già usata nel pane all’orzo che ho postato giorni fa, ma in questi giorni l’ho sperimentata in vari piatti che pian piano vi presenterò.

Intanto comincio con una crostata.
Ovviamente appena sento parlare di restrizioni alimentari il mio cervello si adopera per aggirare l’ostacolo. In questo caso quando mi è stato imposta una limitazione nei dolci mi è scattata subito la voglia irrefrenabile di mangiarne uno.
Quindi mi sono sforzata di cercare una ricetta un po’ più consona. Ma dolci salutari è una contraddizione in termini, però io ci ho provato.

Innanzi tutto ho preparato una frolla senza burro, ho usato ricotta e pochissimo olio; inoltre contiene un solo uovo, visto che ce ne sono anche nel ripieno.
Ho usato una miscela di farine di cereali vari e la crusca. Questo ha reso la pasta più rustica ma anche molto saporita. Ho messo anche un po’ di lievito per renderla più friabile.

Per il ripieno ho usato ancora la ricotta e un formaggio spalmabile a basso contenuto di grassi. Inoltre c’è la frutta, che fa tanto bene!  ;-)

Il risultato è un dolce un po’ crostata un po’ cheese cake, con la pasta friabile e ruvida al palato e il ripieno morbido e fresco, dolce ma non troppo.
Io sono soddisfatta e la mia coscienza è (quasi) a posto.

 
 
 
 
 
 

CROSTATA DI RICOTTA E PESCHE AI 5 CEREALI:

Per la frolla ai 5 cereali:
100g farina 00,
80g farina di riso,
80g farina d’orzo,
80g farina di segale.
60g crusca d’avena,
150g zucchero
100g ricotta,
1 uovo,
½ bustina di lievito,
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva,
sale un pizzico.

Per il ripieno:
250g ricotta,
150g formaggio spalmabile magro tipo Philadelphia light,
100g zucchero,
2 uova,
vanillina o essenza di vaniglia,
3 pesche gialle mature ma sode,
1 pizzico di sale.

Mescolate le farine con lo zucchero, la vanillina, il sale e il lievito. Impastate con l’uovo, la ricotta e l’olio. Se occorre unite poco latte. Formate una palla, avvolgerla nella pellicola e mettetela in frigo per 30 minuti.

Nel frattempo lavorate la ricotta con il formaggio cremoso, lo zucchero, le uova e la vanillina. Unite un pizzico di sale.

Stendete la pasta in una sfoglia sottile ½ cm circa e foderate una tortiera da crostata. Sbucciate le pesche e tagliatele a fettine, recuperate il succo e unitelo al composto di ricotta. Disponete le fettine nella tortiera sopra la pasta, spolveratele con della crusca, così si assorbe l’umidità in eccesso, versatevi sopra il composto di formaggio e livellate.

Infornate a 160° per circa 45 minuti. La superficie deve essere gratinata.

Fate raffreddare bene prima di servire. È molto buona dopo una breve sosta in frigo, basta un’ora, così il ripieno è più fresco.





venerdì 23 agosto 2013

AMICIZIE INASPETTATE.

Io amo gli animali. Quasi tutti. A parte ragni, serpenti e scorpioni. Con quelli non posso proprio parlare d’amore, diciamo che tutt‘al più li stimo.
Con i cani non è sempre stato un idillio,veramente. Mi sono sempre piaciuti ma fino a poco tempo fa ne avevo un certo timore.
Non li capivo, non sapevo cosa volessero da me e come dovevo comportarmi. Ma da un paio d’anni a questa parte sono cambiata. Almeno in parte.
Devo il merito di questo cambiamento alla mia cagnolina. Una bastardina … pardon meticcia,che abbiamo trovato appena nata in un cassonetto della spazzatura.

Si, avete capito bene, proprio in mezzo ai rifiuti!

Era piccolissima, nata da un giorno. Stava tutta nella mia mano. Aveva gli occhietti chiusi e il cordone ancora attaccato.
Non so chi è stata la BESTIA che le ha fatto questo e non lo voglio neppure sapere!

Il veterinario che l’ha visitata quel giorno ci ha detto di non affezionarci troppo, che così piccoli senza mamma non hanno molte probabilità di farcela.
Ma lei è un osso duro, ce l’ha fatta.
Adesso è qui con me, mentre scrivo, che sonnecchia pigra tra i miei piedi…o meglio SUI miei piedi.

Potete solo immaginare lo scompiglio che ha portato nella mia famiglia.
Non solo per il mese passato ad allattarla ogni 3 ore (anche di notte!), a medicarla, a cambiarle le bottiglie dell’acqua calda perché la temperatura della cuccia doveva essere sempre intorno ai 26°, a stimolarla con massaggini sulla pancia perché da soli i cuccioli non fanno i loro bisogni, di solito ci pensa la mamma.
Di solito pensa a tutto la mamma!
Noi umani ce li ritroviamo a 2 mesi belli e svezzati.

Per scompiglio intendo il dopo, quando ti ritrovi alle sette del mattino a passeggio, anche con una nevicata in corso, soprattutto con una nevicata in corso, lei adora la neve!
Quando devi insegnarle che le riviste di cucina, sebbene siano appetitose, non si mangiano!
Quando dici fermamente:”Appena è più grande, sto cane va a stare nel giardino. Io in casa non lo voglio perché sporca tutto e perde i peli!” invece è ancora qui.
E l’altra frase da ricordare: “Sul divano non deve salire!”… indovinate ora dov’è?
Pazienza se devo passare l’aspirapolvere anche due volte al giorno, pazienza se devo ricoprire il divano con un telo e cambiarlo spesso … ma come si fa a resistere a due occhioni così dolci?
Le stanze da letto no, quelle sono off limits, quando mi segue mentre traffico per casa mi aspetta in corridoio, a tutto c’è un limite e poi ognuno ha i suoi spazi.
La cosa bella è quando fa le feste come se fossi stata via giorni interi, invece ero solo scesa a fare la spesa!

Grazie a lei ho imparato tante cose sui cani. A capirli meglio e a non temerli. Soprattutto che anche loro meritano rispetto, che non è giusto trattarli male ma nemmeno come peluches. Che ci si deve approcciare in un certo modo, perché anche loro hanno paura se non ci conoscono. Che un cane che non vuole essere palpeggiato non significa che sia cattivo. Però se spaventato reagisce … e può far male! Capito bambini?

I cani vanno sempre tenuti sotto controllo (meglio al guinzaglio) in pubblico, non a tutti piace ricevere affettuosità non richieste, qualcuno non ama essere sniffato, anche se è solo il loro modo di fare amicizia. Io ricordo molto bene il disagio misto a paura quando un cane mostrava interesse nei miei confronti, seppur amichevole. Diciamo che preferivo essere ignorata!
Mi facevano arrabbiare quelli che mi assicuravano :”Ma no! È bravissimo! Vuole solo giocare!”… ma io volevo sentirmelo dire da lui: “Sono bravo! Voglio solo giocare!”

Intanto io la tengo sempre al guinzaglio e non permetto che salti addosso a chiunque. Ma non c’è pericolo, lei non è molto espansiva con gli estranei.
Del suo carattere un po’ altezzoso e delle mie difficoltà come addestratrice di cani ho già parlato questo post, se vi va di leggerlo.

Adesso passo a parlarvi della ricetta di oggi.
Volevo proprio preparare un dolce per partecipare al Contest della Zia Consu.
Non posso proprio mancare. Consuelo è una delle mie prime fedeli lettrici, una che non manca mai di farmi sentire la sua presenza, con simpatia e ironia. Per questo ti ringrazio molto zietta!
Per me che sto ancora muovendo i primi passi in questo mondo è davvero importante.
Naturalmente devo ringraziare anche altre matte che si ostinano a leggere i miei sproloqui. Lo farò sicuramente, ma oggi permettetemi di parlare di lei.

Dunque il contest è in occasione del compleanno del suo maritino che adora i dolci ma senza frutta e senza farine integrali, presumo anche farine alternative.
Considerando che è quasi un mese che vivo a frutta, verdura e cereali vari, la cosa non promette bene.
Ma il mio di marito mi ha fatto giustamente notare che LUI non é a dieta e che si sacrifica volentieri a far sparire il dolce … per una così nobile causa … son sacrifici che qualcuno deve pur fare!
Quindi vai di cioccolato, doppio cioccolato, ma con lo yogurt che “alleggerisce” (solo la coscienza!)

 
 
 
 

TORTA ALLO YOGURT, DOPPIO CIOCCOLATO E CAFFÈ.

Ingredienti:
1 vasetto di yogurt bianco,
2 uova,
2 vasetti di farina 00,
1 vasetto colmo di cacao amaro,
2 vasetti di zucchero,
50g cioccolato fondente o gianduia,
½ vasetto scarso di olio extra vergine d’oliva,
1 bustina di lievito,
1 tazzina di caffè forte,
un pizzico di sale.

Naturalmente l’unità di misura è il vasetto dello yogurt lavato e asciugato.
Montate le uova con lo zucchero con la frusta, meglio se elettrica, finchè diventano chiare e spumose. Sempre montando unite lo yogurt, il sale, l’olio e il cioccolato. Poi aggiungete la farina setacciata con il lievito e il caffè.
Per ultimo incorporate il cioccolato tritato grossolanamente.
Versate tutto in una tortiera di circa 24cm di diametro e infornate a 170° per circa 40 minuti. Abbassate la temperatura a 160° e cuocete ancora 10 minuti circa. Fate la prova stecchino!

Potete servire semplicemente con una spolverata generosa di zucchero a velo.
Oppure create dei decori con glassa di zucchero o cioccolato bianco fuso.
Questa torta si presta anche ad essere farcita.
Naturalmente il caffè si può anche omettere, si può unire poco latte.

Purtroppo la foto non è un granchè … l’ho servita a merenda per mio figlio e i suoi amichetti (si,si anche a mio marito)… potete immaginare che non ho avuto molto tempo per i set fotografici!
 
 
 

giovedì 22 agosto 2013

KARJALANPIIRAKAT … mica cotiche!

In questi giorni ho imparato moltissime ricette finlandesi, grazie allAbbecedario Culinario Europeo. Date un’occhiata al blog di Tamara(Un pezzo della mia maremma) per rendervene conto. La voglia di sperimentarle però è frenata dal fatto che sono quasi tutte ricette piuttosto robuste ed alquanto energetiche. Più adatte a pranzi invernali che al caldo torrido estivo.

Girovagando qua e la nel web ho infine incontrato i Karjalanpiirakat, ovvero i pasticcini careliani. Cioè tipici della Carelia che ho scoperto essere una regione della Finlandia ai confini con la Russia. Terra incantata di foreste e laghi quasi selvaggi.

Questi pasticcini sono molto semplici, sia negli ingredienti che nel procedimento ma sono molto carini da presentare. Hanno un  gusto molto delicato perché devono essere accompagnati da salse e alimenti più sapidi, come una salsa a base di burro e uova, o anche panna acida e pesce affumicato.

Io li ho accompagnati semplicemente con una salsina a base di yogurt greco ed erba cipollina tritata e una italianissima fetta di crudo. Molto fusion, direi!

Devo confessare che non mi sono venuti perfettamente perché il ripieno di riso doveva forse essere più compatto e cremoso, cioè avrei dovuto cuocere molto di più il riso nel latte fino ad ottenere una sorta di budino. Ma anche così non erano per niente male.

 


Karjalanpiirakat – pasticcini della Carelia.

Ingredienti:
120g farina di segale,
30g farina bianca,
1l di latte,
150g di riso,
sale,
burro.

Cuocere il riso nel latte bollente leggermente salato, finchè il latte è quasi consumato. (In un’altra ricetta ho trovato il latte mischiato ad acqua in parti uguali). Scolare e aggiustare di sale, lasciar raffreddare.

Impastare le farine con 1dl di acqua fredda e un pizzico di sale, deve essere un impasto morbido ma sodo e omogeneo.

Dividetelo in circa 18-20 palline, stendetele in sfoglie sottili e ovali, mettete su ciascuno una cucchiaiata di ripieno. Piegate i bordi verso il centro, pinzandoli tutto intorno con le dita.

Spennellateli con acqua e burro fuso e infornate a 250° per 15-20 minuti. (io li ho spennellati con olio e acqua, in realtà)

Metteteli poi sul piatto e copriteli con un canovaccio pulito, fateli intiepidire così per un paio di minuti in modo da ammorbidire la pasta.

Servite calde con burro montato con uova sode sbriciolate, oppure con panna acida o con un formaggio fresco e cremoso. Ma anche con salmone o aringhe affumicate.

 
 
 

Variante personale (giusto per non smentirmi): ho aromatizzato il latte con una foglia di salvia fresca, un pezzo di sedano e un cipollotto tritato finemente. Ho poi eliminato sedano e salvia, mentre il cipollotto si è mischiato al riso.

Anche questa versione non è male, forse incontra di più i gusti della mia famiglia ma non è quella originale.
 
 

domenica 18 agosto 2013

JULIE, JULIA, ADA E ME: PERFETTE PADRONE DI CASA?

Sto leggendo Julie & Julia, il libro scritto da Julie Powell sul suo blog e sull’anno passato a cucinare tutte le ricette di Julia Child.

Confesso che prima non conoscevo Julia Child, non sapevo nemmeno chi fosse, e a tutt’oggi ne so ancora molto poco. So quello che si evince dal libro, qual cosina  in più l’ho trovata su Internet e basta.

So che è una storia vera, che ne hanno già fatto il film, ma non l’ho visto. Prima devo leggere il libro.  Non l’ho ancora finito ma devo dire che mi piace: è carino, scorrevole, ironico e divertente. Soprattutto quando racconta dei suoi esiti catastrofici in cucina, dei familiari che la considerano un po’ svitata, della frenesia di postare ogni giorno e dell’impazienza di andare a controllare se qualcuno ha visitato il blog, della gioia di leggere commenti lusinghieri ma anche le critiche vanno bene anche se sotto sotto bruciano un po’, ma niente in confronto alla delusione di non trovare alcun commento. Tutto questo è molto simile a quello che ho provato io in questi ultimi mesi,da quando ho aperto il mio blog.

Poi c’è il libro di cucina, quello da cui parte tutto, cioè il libro di Julia Child, che la protagonista ritrova dopo anni a casa della mamma e che le fa venire voglia di cucinare tutte le ricette in un anno, raccontandole nel blog.

Io non ho iniziato per questo motivo, la mia passione per la cucina mi accompagna da sempre, ho un filino più di manualità ed esperienza di Julie ma non sono certo immune a combinare pasticci e disastri vari. Soprattutto perché tendo a non seguire le ricette proprio con scrupolosità.

Però anche io ho un libro mito che mi accompagna dall’infanzia, un volume pesantissimo, rilegato in pelle, praticamente una bibbia, che mamma ogni tanto consultava e che io negli anni ho sfogliato con venerazione: è il Talismano della felicità, di Ada Boni, edizione 1966.

Ogni volta che tornavo da mia madre lo sfogliavo un po’, negli anni mi sono segnata più di una ricetta nei miei quadernini. Quando ho deciso di aprire il blog però me lo sono portato a casa, tanto per avere un punto di riferimento, una guida autorevole sull’argomento.

Ci sono 1120 pagine di ricette. Molto ben organizzate per tipologia di portate, ogni sezione con un’ampia introduzione. Tutte molto affascinanti, con quell’italiano d’epoca, hanno la parvenza ricercata e un po’ snob. Che subito mette soggezione ma in realtà sono anche abbastanza semplici. Solo le indicazioni per la cottura in forno sono alquanto approssimative: leggerissimo, leggero, moderato, vivace. E spesso non indica nemmeno i tempi. Quindi bisogna andare per tentativi.

La parte più divertente, a mio avviso, è l’appendice dove viene insegnato “alla donna a essere una perfetta padrona di casa” ossia spiega come comporre il menù a seconda delle occasioni, come si apparecchia la tavola, come si dispongono gli invitati, come si servono cibi e bevande, come si sparecchia. Regole utili anche se qualcuna oggi è un po’ superata.

Per esempio della scelta del menù dice: “Il menù deve essere adatto alla circostanza (ok)… il menù per un pranzo dove predominano le signore dovrà essere più ricercato e leggero di quello destinato ad uomini soli” . E certo: agli uomini puoi servire polenta e cinghiale anche ad agosto, finchè crollano con la testa sul tavolo. Una vera signora deve mangiare poco e leggero … il rutto libero è cosa da uomini!
Mi viene da pensare: ma io ho un amico, maschio, iper salutista, fissato con la dieta e semi vegetariano, e un’altro che non digerisce più nemmeno l’acqua (ma quella è l’età), mentre la mia migliore amica, mangia come se non avesse il fondo! Signora mia non ci sono più gli uomini duri di una volta e nemmeno le signore a modo!

Capisci di essere profondamente inadeguata quando arrivi al capitolo della diposizione dei commensali a tavola: ”Al posto d’onore … deve sedere la padrona di casa”. E qui tutta una serie di indicazione per individuarlo a colpo sicuro ( a proposito, non è a capotavola), poi arriva la perla: “Questo posto dovrà essere ceduto … solo quando a mensa sedesse un Principe di Casa Reale o un Principe della Chiesa” . La prossima volta che ne invito uno vedrò di ricordarmelo!

L’ansia prende subito dopo: “… quello (il posto) di fronte sarà assegnato al padrone di casa … alla destra della padrona di casa prenderà posto l’ospite maschile più importante, alla sua sinistra quello che si giudicherà secondo …” idem con le ospiti femminili accanto all’uomo di casa, poi via via gli altri sempre per importanza. Alternando uomo e donna. Fino agli ospiti “frilli”, quelli che non contano nulla, che mangiano in cucina!

A parte che bisognerebbe essere laureati in ingegneria logistica per invitare delle persone, a parte che non ho un tavolo da ricevimenti così lungo, ma a Natale, con genitori, suoceri e parenti vari, chi ha il coraggio di stabilire l’ordine di importanza?  Si rischia l’immediata cessazione di ogni rapporto (che in qualche caso non sarebbe male). E in una cena tra amici?

Io continuo a sedermi nel posto più comodo per alzarmi e andare in cucina, gli altri si mettano dove gli pare. Non sono raffinata? Pazienza. Non potrò invitare mai una Altezza Reale? Che peccato!

La cosa che trovo buffa è che, se per tutto il libro lì autrice si rivolge alla casalinga (donna ovviamente) come destinataria delle sue ricette, in questa parte scivola pian piano in un manuale su come istruire i domestici a un perfetto servizio. I domestici capite! Ma se una può contare su una serie di domestici, cara la mia signora Boni, non crede che possa anche permettersi una cuoca? (Sempre donna per carità!)

Ma veniamo alla ”precedenza dei commensali nel servizio”. Dunque: “la padrona di casa va servita per prima, oppure dopo le altre signore ma prima delle signorine. Ma se c’è una signora di riguardo va servita per prima ma dopo la padrona di casa “… quindi tutte le altre dopo? Prima le signore e poi le signorine? Ma se ho a cena una principessa non sposata? Inoltre prima vengono servite tutte le donne e poi gli uomini, sempre in ordine di importanza. Ma non erano seduti alternati?

Quindi: sapendo che ci sono X invitate donne e Y invitati maschi, quanti giri del tavolo dovrà fare il domestico per servire tutti? Avete tempo un’ora poi consegnate il compito. E la in fondo non copiate che vi vedo!

Tornando alle ricette ho voluto farne una che fosse rappresentativa dello spirito del libro. La regina delle ricette, molto anni 50-60, molto da signora raffinata e chic, è sicuramente la ricetta del SUFFLE’. Ve la riporto così com’è sul libro. Questa volta l’ho seguita fedelmente (quasi).

 
 




 

SUFFLE’ AL PARMIGIANO IN TAZZE.

Ingredienti per 6 persone:
75g farina 00,
200g latte,
2 uova + 1 albume,
40g parmigiano grattugiato,
20g burro.

Mettete in una casseruola la farina e scioglietela completamente con il latte; portate la casseruola sul fuoco e sempre mescolando fate bene addensare.
Lasciate freddare un poco il composto e aggiungeteci i due rossi d’uovo, il parmigiano e il burro. A parte montate a neve molto ferma le tre chiare d’uovo. Prendete una cucchiaiata di queste chiare montate e aggiungetela al composto preparato, mescolando con energia per scioglierlo e alleggerirlo un poco. Unite allora le restanti chiare, amalgamandole con leggerezza.
Per la cottura si usano speciali tazzine di porcellana o cestelli di carta spessa … vanno imburrati … Il composto deve arrivare a metà delle tazzine o dei cestelli. Il tempo di cottura è di 12-15 minuti.

La ricetta delle UOVA SUFFLE’ è simile negli ingredienti ( si aggiunge solo pepe e noce moscata) nelle proporzioni e nel procedimento. Però dice che si devono riempire gli stampini per i 2/3 e infornare per 10 minuti a calore moderato.

A questo punto però mi occorreva un po’ più di precisione. Così ho cercato qualche altra indicazione su altri libri.  Ho trovato una ricetta che parlava di 30-35 minuti a 160°, in più consigliava di legare intorno alle cocottine una striscia di carta forno imburrata, questo per far gonfiare meglio l’impasto verso l’alto ed evitare che si allarghi a fungo. (Ho provato su alcuni, funziona, ma si alzano anche senza).

Per la cottura ho seguito queste indicazioni e devo dire che mi sono venuti davvero bene, alti e gonfi come da manuale ma … ma come da manuale mi si sono sgonfiati così in fretta che quasi non sono riuscita a prendere in mano la macchina fotografica. Non so proprio come facciano nei libri e nelle riviste a fotografarli così bene!
 
 
 
 
 




 
 

mercoledì 14 agosto 2013

IL PAPA, I CALCIATORI E CERTI GENITORI.

Ieri ho sentito un bellissimo discorso di Papa Francesco rivolto ai calciatori.
Diceva loro che hanno un ruolo importante nella società perché sono presi a modello da tanta gente, soprattutto ragazzini, quindi devono esserne consapevoli e comportarsi di conseguenza.
Ricordava inoltre che prima che personaggi sono persone, con pregi, difetti, desideri e rimpianti, proprio come tutti gli altri. Esortava loro a giocare sempre con gioia, lealtà e correttezza ma soprattutto con la voglia di divertirsi e far divertire, come se fossero ancora dei dilettanti.

Parole giustissime e profonde. Questo Papa riesce veramente ad arrivare diretto al punto, senza giri di parole, con parole semplici ma che toccano il cuore.

Queste parole mi risuonavano ancora nella testa ieri pomeriggio, mentre andavo a vedere la partita di mio figlio.

Durante la settimana di ferragosto, la Proloco del paese organizza un torneo di calcio aperto a tutti i ragazzi tra i 5 e i 15 anni, maschi e femmine, di qualsiasi livello e capacità. Vengono suddivisi in squadre di tre categorie: piccini fino ai 7 anni, medi dagli 8 agli 11 e grandi dai 12 ai 15 anni. Ci sono quindi tre gironi per le tre categorie. Ovviamente alla fine ci sono vincitori e vinti, ma tutti ricevono qualcosa in regalo, anche solo la divisa del torneo, per la partecipazione.
Sembra tutto semplice, banale e scontato, ma non è proprio così.

Già alla cerimonia di apertura, in piazza, gli organizzatori hanno sentito l’esigenza di avvertire ragazzi e genitori che non sarebbero stati tollerati comportamenti scorretti, atti di violenza, parolacce e bestemmie, dentro o fuori il campo, pena la squalifica. Si sono raccomandati caldamente ai genitori, nonni e parenti vari di dare il buon esempio ed evitare inutili ed imbarazzanti polemiche.

Ora mi chiedo: è mai possibile che si debbano fare simili premesse per un torneo di bambini, eterogenei, messi insieme all’ultimo, senza alcuna velleità sportiva?

Si, purtroppo è così.

Ogni anno c’è sempre qualcuno che si lamenta di qualcosa,  per esempio di chi organizza (tutti volontari senza alcun compenso) che magari si sbaglia a comprare le magliette e ne mancano una decina; problema per altro risolto con una corsa al vicino centro commerciale. In tempo per cerimonia foto e tutto il resto.

Ma si continua brontolando sulla composizione delle squadre, perché alcune hanno 9 giocatori e le altre 8? Perché la matematica non è un opinione e  50:6 fa 8 con resto di 2; quindi quei due bimbi, che hanno diritto di giocare come gli altri, dove dovrebbero andare? Dividersi in 6? E perché ci avete messo in squadra quella bambina che non è capace? E avanti così.

Ma l’apoteosi del’idiozia la si raggiunge durante le partite. Si sentono cose che darebbero fastidio persino a una partita di Champions League!
Gente che protesta con l’arbitro, un poveruomo che dovrebbe essere in ferie, perché non ha visto un fallo, perché il goal non vale, ecc.

Genitori che litigano perché :“ Hanno perso perché il portiere è imbranato”, e quindi:” Ma lei come si permette, mio figlio ha fatto lo stage con i pulcini del Genoa (o Samp, o chissà che altro)”.

Padri e nonni (ma anche qualche mamma, purtroppo) che incitano i figli a “essere più cattivi, ad andare giù duro … a spaccare le gambe!!!”  A 8 anni! Poi non stupiamoci se a 18 tirano le molotov in campo e contro i tifosi avversari!

Tutto questo solo per un torneo da vacanza estiva! Di bambini!

Il calcio sarebbe un bello sport perché insegna a collaborare, a fare squadra appunto. E poi è semplice e immediato, alla portata di tutti: basta un pallone e un paio di scarpe da ginnastica e si gioca. Finché a gestire la cosa sono i bambini.

Poi però arrivano gli adulti e il gioco finisce.

Per la cronaca, mio figlio ha perso 6 a 3. Ma quando è uscito dal campo era contento lo stesso. Con qualcuno dei bambini, anche avversari, si è mangiato un bel gelato e ha fatto il tifo per le squadre che hanno giocato dopo. Per niente turbato o avvilito. Parlava già della partita di oggi.
Rossella O’Hara gli fa un baffo!

Io intanto proseguo con la mia dieta forzata (sarà per questo che sono più intollerante? Sarà la fame?) Così oggi propongo solo due sfiziosità.
Due piattini preparati con il pane all’orzo che ho postato precedentemente.

 
 
 
 
 
 

Arrostino filetto marinato con pane all’orzo

500g filetto di vitello,
1 cucchiaino di sale affumicato,
1 cucchiaino di zucchero meglio di canna,
2 cucchiaini di erbe aromatiche secche a piacere (io maggiorana, origano e timo)








Mischiare le erbe col sale e lo zucchero, spalmare con il composto tutta la carne. Avvolgere nella pellicola o mettere in un contenitore ben chiuso. Riporre in frigo a marinare per due ore circa (mi dicono che una notte intera è meglio, proverò).

Sciacquare velocemente la carne e asciugarla. Scaldare una padella pesante e far rosolare bene la carne da tutti i lati, due minuti per lato.

Mettere la carne sul tagliere avvolta nell’alluminio e lasciar raffreddare. Affettare la carne molto sottile. Se non è ben fredda si rompe come è successo a me.
Condire con un filo d’olio extra vergine d’oliva a crudo.

Accompagnare con una fetta di pane all’orzo, anche leggermente tosata e un’insalatina di rucola e songino.




 

Sandwich di pane all’orzo con bresaola e fiocchi di latte.

Pane all’orzo affettato,
bresaola,
fiocchi di latte,
olio extra vergine d’oliva,
rucola.

Tostare leggermente il pane, distribuire sopra la bresaola e i fiocchi di latte. Guarnire con rucola e un filo d’olio. Completare a piacere con un’altra fetta di pane oppure servire tipo crostino.



 

domenica 11 agosto 2013

A PRANZO CON GLI GNOMI

Oggi si parte. Si va in Finlandia. Ma solo virtualmente purtroppo: per l' Abbecedario Culinario Europeo fino al 25 agosto sarà ospitato dal blog Un Pezzo della mia Maremma.

Confesso che della Finlandia so poco e niente.  È uno di quei posti mito che un giorno forse visiterò.

Nel mio immaginario di bambina troppo cresciuta rimane il paese di Babbo Natale e delle renne. Dei giocattoli di legno e dolci alla cannella. Delle slitte trainate dai cani attraverso  immense distese di neve e foreste selvagge. Il paese degli gnomi!

Quando ho saputo che questa tappa si sarebbe svolta li confesso che non sapevo cosa fare, non conosco molto la cucina di quelle zone e purtroppo non ho nessun amico che provenga da li o che ci sia stato. Nessuno che potesse darmi qualche ricetta originale e sicura, almeno.

Così mi sono messa in cerca sul web.

Ho trovato un sito vivafinlandia.com/ricette dove c’è un’ampia sezione sulla gastronomia con tante ricette,  ho ritrovato anche la ricetta di certi dolcetti che avevo già mangiato non sapendo che fossero finlandesi (i Kaneli Kovapuustit), me l’avevano spacciati per svedesi. Ma forse ci sono anche li, in fondo sono paesi vicini.

Però i questi giorni devo stare molto attenta a quello che mangio e la cucina nordica è piuttosto pesantuccia, ricca di panna e burro, carne e pesce grasso.

Mi è venuto in mente il mio libro sul pane del mondo (IL PANE FATTO IN CASA) da dove avevo già preso la ricetta per i Welsh Pot. Infatti c’è una bella carellata di pane scandinavo, meraviglioso e interessante, soprattutto per l’uso di cereali alternativi e integrali: segale, avena, orzo, l’ideale per il mio nuovo regime alimentare.

Ho cercato anche conferma sul web, non che non mi fidi di questo libro ma visto che le autrici non sono finlandesi … insomma un po’ di ricerca non guasta. (Comunque ho avuto prova che il libro è  abbastanza attendibile attendibile, alcune volte si perde un po’ nelle spiegazioni ma credo sia anche dovuto alla traduzione)

Alla fine ho trovato molte ricette di pani all’orzo e alla segale. Ho seguito una ricetta che mi sembrava più semplice e molto leggera.

Premetto che non so assolutamente il finlandese, il nome lo riporto come l’ho trovato sul traduttore di Google. Speriamo di non aver scritto una parolaccia!

 
 
 
 
 
 
 

OHRALEIPIÄ – PANE ALL’ORZO.

200g farina di orzo,
160g farina bianca forte (io manitoba),
20g di crusca d’avena (questa l’ho aggiunta io)
200ml acqua tiepida,
50ml latte,
½  bustina di lievito di birra secco o 15g di lievito fresco,
1 cucchiaino di sale,
1 cucchiaino di miele.

Sciogliete il lievito nell’acqua con il latte, il miele e 150g delle due farine mischiate.
Fate riposare la pastella 20 minuti, devono formarsi delle bolle in superficie.

Versate la pastella nelle farine rimanenti, mischiate con il sale e impastare energicamente.
Io ho aggiunto all’impasto anche della crusca d’avena, perché l’ho ritrovata in alcune ricette di pane nordico e poi mi piace il sapore rustico che da.

Dovete ottenere un impasto morbido e non appiccicoso. Lavoratelo a lungo, sbattendolo sul piano di lavoro, allargandolo e ripiegandolo, almeno per 10 minuti.
Se occorre unite poca acqua o farina, a seconda se l’impasto lo richiede.

Formate una palla e mettetela in una ciotola con il coperchio, oppure copritela con una pellicola, in modo che la superficie non si asciughi. Fate lievitare circa 2-3 ore, l’impasto deve raddoppiare.

Sgonfiate l’impasto e lavoratelo energicamente per un paio di minuti, poi formate una pagnotta. Praticate delle incisioni sulla superficie e ponetela nella placca coperta con carta forno, coprite con un telo e fate nuovamente lievitare per un’ora circa.

A questo punto ero indecisa se fare una pagnotta tonda  o allungata o addirittura un pane tondo e piatto col buco al centro. Le informazioni che avevo erano eterogenee. Io ho scelto di fare una pagnotta ovale, allungata ma non un filone.

Dopo l’ultima lievitazione spennellate il pane con acqua o latte e cospargetelo con poca farina d’orzo e crusca.

Infornate a 220°, forno già caldo, per 10 minuti. Nel forno introducete una teglietta con acqua calda. Poi abbassate la temperatura a 180° e cuocete ancora 20-25 minuti.

A metà cottura togliete la teglia con l’acqua così non si forma una crosta troppo spessa e croccante.

Il pane è cotto quando è ben dorato, anche il fondo deve essere compatto e dorato e  deve risuonare come vuoto se colpito con le nocche.

Fate raffreddare il pane coperto con uno strofinaccio. In questo modo la crosta diventa più soffice. Si conserva in un sacchetto di plastica per alcuni giorni.

 
 
 
 

Il pane sta molto bene in accompagnamento  ovviamente a salmone e panna acida ma anche a salumi e formaggi, sia saporiti che più delicati. Io, causa dieta, l’ho provato con bresaola e fiocchi di latte e mi è piaciuto molto.