venerdì 28 giugno 2013

HO PERSO LA LINEA E LA PAZIENZA

Purtroppo in questi giorni non sono molto presente sul web per cause di forza maggiore.
Sono al mare in Liguria, nella casa che era dei nonni. Qui ci si ritrova un po’ tutti, cugini, zii e parenti vari.
Ma non è questo che mi blocca, anzi, con tutte queste riunioni di famiglia le occasioni per dar fondo al mio quaderno di ricette non mancano, o di rubare ricette altrui. Visto che poi si finisce sempre seduti a tavola.
Ma questo tipo di linea l'ho persa già da un pezzo, ormai, no il problema è un altro.

Il problema è che qui non riesco a connettermi a internet in maniera soddisfacente perché la linea è di una lentezza estenuante quando non cade sul più bello.
Come se non bastasse la batteria del portatile ha deciso di abbandonarmi e quindi devo lavorare per forza continuamente collegata a una presa!
Ogni tanto provo a collegarmi col cellulare ma con scarsi risultati.
Per questo non sono molto attiva ne sul mio blog ne su quello di altri.

Inoltre ho sentito in giro di sta faccenda di Bloglovin e quant'altro ma non ci ho ancora capito un fico secco... se qualcuno è in contato per favore mi spieghi cosa significa tutto ciò e come ci si deve regolare perchè io sono completamente ignorante in merito...e visto che sono anche un po lenta a capire queste cose...fatelo come se fossi una bimba di 5 anni, grazie mille!

A parte questo le mie manine sono più che mai attive.
Ieri mi è venuta una gran voglia di biscotti. Per tre ragioni.
La prima è che la temperatura non sembra affatto estiva, ma da inizio autunno e per me questo significa impastare e infornare.
La seconda ragione la devo a Monica e ai suoi tarallini alla birra: appena li ho visti sul suo blog mi ha fatto venire voglia di farli subito.
Poi però ho scoperto che avevo della farina di riso in scadenza, così ho modificato la ricetta prendendo spunto qua e la dal mio archivio di ricette.
Ho infine deciso per questa ricetta, e questa è la terza ragione, perché è il bimbo di un’amica è intollerante a lattosio e qui non ce n’è traccia e in teoria anche senza glutine, perché è fatta con farina di riso e mais.



 
 
 
 
 
BISCOTTI DI RISO E MAIS ALL’OLIO D’OLIVA.

300g farina di riso,
4-5 cucchiai di amido di mais (io non ne avevo e ho usato la farina 00),
50g mandorle spellate,
130g zucchero,
1 uovo,
80g olio extra vergine d’oliva,
100g vino bianco,
2 cucchiai di liquore a piacere (per me limoncino),
½ bustina di lievito.

 

Ho impastato tutti gli ingredienti fino ad avere un impasto omogeneo e morbido. Se fosse troppo molle unire altra farina  o amido. L’ho avvolto nella pellicola e messo in frigo per mezz’ora.
Io ho ricavato i biscotti utilizzando l’apposita macchinetta con le trafile di varie forme per cui ho lasciato l’impasto un po’ più morbido.
Ho sistemato i biscotti nelle teglie e li ho infornati a 200° per circa 10 minuti.
Prima di infornarli ne ho spolverato alcuni di zucchero semolato.


 

mercoledì 26 giugno 2013

Sono rimasta in panne

Ciao a tutti.
Questa è una comunicazione di servizio: il mio pc mi ha momentaneamente abbandonato :-(
Ora sto cercando di postare con il cellulare ma la linea non è un gran che... avrei un sacco di cose da raccontare e un paio di ricettine carine già pronte!
Invece devo stare buona e aspettare che il problema si risolva.
Ma io non ho pazienza, per niente!
Inoltre ci sono un sacco di blog che sono curiosa di visitare!
Non mi resta che aspettare...intanto cucino, sperimento, pasticcio...
A presto.  Ciao.

lunedì 24 giugno 2013

SALE E PEPE INSEGNA … MA L’ALLIEVA È INDISCIPLINATA

È arrivato!

Sale e Pepe è arrivato in edicola e io sono corsa subito a comprarlo. Bello, elegante, gustoso come al solito. E come al solito non riesco a decidere quale ricetta fare per prima.

Che poi in realtà non riesco mai a seguirle pari pari come sono scritte, devo sempre modificarle un po’: vuoi per i gusti dei miei commensali, vuoi per la disponibilità di dispensa o supermercato, a volte solo per pigrizia, per saltare qualche passaggio, o più semplicemente perché sono così, indisciplinata e non riesco a farne a meno.

Anche questa volta non mi sono smentita.

Appena ho visto la ricetta di pag. 60, il sorbetto al Bloody Mary, non ho resistito, dovevo assolutamente farlo.

Però mi mancava la salsa Worchester, non ho la gelatiera e preparare il sorbetto nella maniera classica era tardi. Per cui ho apportato qualche piccola modifica.

 
 
 
 
 
 
 

SORBETTO AL BLOODY MARY A MODO MIO.

4 pomodori perini congelati (proprio così),
2 cucchiai di concentrato di pomodoro,
2-3 cucchiai di passata di pomodoro,
qualche goccia di Tabasco,
paprika in polvere,
pepe nero, sale,
4 cucchiai di succo di limone,
un pizzico di zucchero.

Per guarnire:
sedano bianco,
parmigiano grattugiato,
vodka (facoltativa).

 
Premessa: d’estate, nell’orto di mio padre, maturano un sacco di pomodori. Si fa la salsa ovviamente, ma i perini vengono anche messi nel freezer, così come sono, nei sacchetti.
Quando si usano, si passano velocemente sotto l’acqua tiepida e si spellano facilmente, poi si lasciano ammorbidire un pochino. Si possono così affettare e mettere su una pizza o tritare grossolanamente e preparare un sugo, che tra l’altro sembra fatto con i pomodori freschi.

Io avevo ancora di questi pomodori, li ho spellati, tagliati a dadini ancora congelati e frullati semplicemente con gli altri ingredienti. Ho messo il frullato per una mezz’ora nel freezer perché si solidificasse un pochino, ma solo perché nel frattempo ho preparato le guarnizioni. In realtà risulta già bello mantecato e soffice.

Ho preparato le cialdine con il parmigiano grattugiato: ne ho distribuito un po’ in un padellino antiaderente, quando si è fuso e ha preso un bel colore dorato ho staccato la cialdina con una paletta e l’ho fatta solidificare.
Ho lavato delle coste di sedano bianco.

Ho distribuito delle palline di sorbetto nelle coppette da gelato, le ho spruzzate con un po’ di vodka bianca, ho guarnito con il sedano le cialdine e una macinata di pepe.

 

 


 




 

        Con questa ricetta partecipo al contest di giugno di Colors & Food: azzurro e rosso.
 

 

 

Eh si, non potevo proprio mancare: mi piace proprio questo contest e questa volta mi ha messo a dura prova. Infatti mi sono ridotta a fare tutto all’ultimo.

 

LO DICEVO CHE CI AVREI PRESO GUSTO!

Questa sfida dell’insalata mi è proprio piaciuta. Se non fosse che sono stata via qualche giorno ne avrei presentate ancora … mi sono venute in mente delle belle ideuzze!

Ma il tempo sta per scadere e io sono alle prese con i bagagli da disfare e i vestiti da lavare… e stirare L

È vero che l’insalata risolve tanti problemi in cucina … ma qui non si tratta di schiaffate verdure e avanzi di frigo in una terrina e mescolare ( mangiando con il cucchiaione!) … potrei anche, come rimedio-sopravvivenza andrebbe anche bene. Ma non in questa occasione.

Perché per partecipare all’MTChallenge bisogna sforzarsi un tantino di più, avere un minimo di presenza scenica, già le mie foto non sono eccelse!!

Ma provate voi a fotografare mentre la famiglia sbuffa che ha fame, il figlio attenta alla composizione del piatto con le sue zampette golose, disponendo il piatto in una porzione di tavolo (con tutto il resto delle stoviglie ammucchiato dall’altro lato), cercando di non inquadrare l’immancabile macchiolina, che puntualmente si forma, infida, dal nulla sulla tovaglia pulita.

Si perché i piatti che faccio sono davvero il nostro pranzo o cena, quindi sono pronti giusto all’ora di mettersi a tavola, con tutte le conseguenze del caso!

Poi devo confessare, ebbene si, che se il piatto destinato alla foto lo guarnisco, lo curo, lo coccolo, poi negli altri vedo giù di cazzuola, per far prima. Amiche food bloggers non scomunicatemi ve ne prego!

Inoltre i miei sono ancora nella fase del:” ma guarda te se ogni volta bisogna fare tutte ste scene … devi proprio fare sempre 20-30 fotografie ? anche se giri il piatto la luce è sempre quella …”  

È vero: farò ogni volta una trentina di foto, con lo zoom, senza, da vicino, dall’alto, di lato, con la funzione macro, con quella per gli alimenti … non c’è poi tanta differenza!!

Mangiamo che è meglio.!

 

 

INSALATA DI SGOMBRO E GAMBERI, con citronette al prezzemolo.

Per 2 persone:
10 gamberi,
100g sgombro sott’olio,
40-50g songino,
40-50g rucola,
8-10 pomodorini,
1 spicchio d’aglio,
vino bianco secco,
2 fette di pane a cassetta.

Per la citronette al prezzemolo:
4 rametti di prezzemolo piccolo,
2-3 cucchiai di succo di limone,
6 cucchiai di olio extra vergine d’oliva,
5 capperi sotto sale (sciacquati),
sale e pepe.

Preparate la salsina: sciacquate le foglie di prezzemolo e tritatele, mettetele nel bicchiere del frullatore con il resto degli ingredienti e 2 cucchiai di acqua fredda. Frullate ottenendo una salsina omogenea. Aggiustate di sale e pepe.

Fate saltare i gamberi in padella con poco olio, lo spicchio d’aglio e una spruzzata di vino, sgusciateli e teneteli al caldo.

Lavate e asciugate le insalate e disponetele nei piatti, distribuite i pomodorini tagliati a spicchi e salate leggermente. Sgocciolate lo sgombro e spezzettatelo sull’insalata.

Disponete i gamberi e il pane tostato e tagliato a dadini.

Infine completate con la salsina.
 
 
 
 
 
 
                      con questa ricetta partecipo alla sfida di Giugno dell'MTChallenge
 
 

domenica 23 giugno 2013

VENEZIA, IL LAGO DI GARDA E GLI SPAGHETTI ALLA BUZARA

La vacanza prosegue a passo di carica. Siamo arrivati a Venezia in serata. Ci siamo fermati in una frazione : la Malcontenta. Che è un piccolo paesino tranquillo di case basse, vicino alla zona industriale di Marghera. Qui, lungo il naviglio del Brenta, c’è la bella Villa Foscari, costruita da Andrea Palladio nel1559. È una delle belle ville palladiane che costeggiano il fiume Brenta.

 
 



L’albergo (l’Hotel Palladio) è carino, lindo e ordinato, molto comodo per visitare Venezia perché proprio davanti ha la fermata dell’autobus diretto a Piazzale Roma, oppure si può usufruire per l’andata del servizio navetta fornito dall’albergo; unico neo gli orari della navetta che coincidevano con quelli del pulmann (quindi non fornivano una valida alternativa) e non prima delle 9.30.

Il primo giorno è stato dedicato alle isole: soprattutto Murano, un gioiellino, con le fornaci dei soffiatori di vetro. La visita ai laboratori con dimostrazione è a pagamento, più o meno 2€ a testa, cosa che sinceramente ho trovato un po’ eccessivo, non tanto la cifra ma il voler spremere il turista in ogni modo.

A parte questo Venezia rimane sempre meravigliosa e anche facilmente percorribile: la linea di navigazione è molto ben organizzata, i traghetti sono frequenti e puntuali e il personale di solito gentile e paziente. Consiglio di fare l’abbonamento a tutti i traghetti, che vale dalle 12 ore in su, compresi gli autobus per l’albergo.

Dopo aver esplorato le isolette, ci siamo concentrati sul cuore della città: piazza S.Marco con i portici, la Basilica e il Palzzo Ducale a far da contorno; come al solito era piena di piccioni e turisti giapponesi. Imperdibile la salita al campanile con vista a 360° sulla città.

Nei dintorni della piazza, addentrandosi un poco per le calli, si può raggiungere l’Harry’s Bar… e non aggiungo altro.

 



 
 
 
 

 
Il secondo giorno, siamo andati col traghetto all’Arsenale Militare e abbiamo visitato il Museo Storico Navale: 4 piani di storia della navigazione, civile e militare, con strumenti nautici, uniformi, cannoni, siluri e tantissimi modellini di navi. Bella la sala dedicata alle imbarcazioni orientali. Nota curiosa: questo splendido museo è poco noto ai turisti, forse poco pubblicizzato e vale molto di più del prezzo del biglietto, irrisorio se si pensa che per salire sul campanile si spende 4 volte tanto!

All’ora di pranzo, stremati, dal caldo ci siamo fiondati in uno dei localini nei dintorni del Museo Navale: Fantàsia. Un ristorante-pizzeria che fa parte del progetto della onlus  UNIAMO F.I.M.R (federazione italiana malattie rare) che si prefigge di dare speranza e dignità alle persone diversamente abili attraverso l’inserimento lavorativo. È un locale come ce ne sono tanti, ambiente carino e rilassante, pizza buona, nonostante il forno elettrico e personale efficiente e cordiale … forse non è poi così normale tutto ciò … anzi è proprio speciale, in tutti i sensi.

Addentrandoci per le calli siamo sbucati nuovamente in piazza S. Marco, foto di rito con i piccioni poi di nuovo a zonzo fino al Ponte di Rialto.

 
 
 


 
Recuperata la macchina e i bagagli ci siamo diretti verso il Lago di Garda, destinazione Gardaland, o meglio il Gardaland Resort, che ci aspettava invitante.

L’albergo è di un lusso disneyano, stanza enorme e “caramellosa”, musichine e marcette senza soluzione di continuità, personale iper sorridente, iper gentile, iper servizievole. Prezzemolo che salta fuori dietro ad ogni angolo, vero e dipinto.  Per non parlare poi del parco: qui gli adulti non hanno il minimo potere decisionale, anzi regrediamo all’infanzia immediatamente … purtroppo l’effetto è temporaneo.

 

Se si hanno ancora le forze consiglio una capatina a Peschiera. Il centro sul lago è molto carino, ci sono tanti bei negozi, bar e ristoranti. E nugoli di zanzare!

L’ultimo giorno, visita al Gardaland Sea Life. Si gira in un paio d’ore, ha vasche che ricostruiscono ambienti marini, lacustri e fluviali del nostro paese con tante esperienze didattiche per i bambini. Oltre a un tunnel che porta direttamente all’interno della vasca degli squali! Se si azzecca l’ora giusta si può vedere il personale che da loro il cibo.
 
 
 

Lungo la strada del ritorno breve fermata a Desenzano, altra bella cittadina affacciata sul lago.  Poi … a casa L



 

Alla Malcontenta, poco distante dall’albergo, c’è una pizzeria-ristorante che oltre a ottime pizze propone anche tanti piatti di pesce fresco.
Noi ne abbiamo approfittato: linguine allo scoglio, fritto misto (leggerissimo) e spaghetti alla busara o buzara.
Io conoscevo gli scampi alla buzara, credendolo un piatto croato-istriano, in realtà fa parte anche della tradizione veneta e friulana, ma dopotutto l’Istria una volta faceva parte dell’Italia, no?
Comunque con questi scampi o gamberi ci si condisce anche gli spaghetti e ne viene fuori un piatto davvero gustoso e piacevolmente piccantino.
Appena tornata a casa ho subito cercato di rifare la ricetta, anche se avevo gamberi congelati. (Ma qui in montagna … insomma i gamberi d’alpeggio ancora li devo trovare J).

 

SPAGHETTI ALLA BUZARA.

Ingredienti per 3 persone:
240g spaghetti,
300g gamberi grossi (i miei erano congelati e quindi senza testa),
½ cipolla bianca piccola,
2 spicchi d’aglio,
1 bicchiere di vino bianco,
5-6 cucchiai di salsa di pomodoro,
10 pomodorini ciliegini (se avete i pachino è meglio),
1 peperoncino,
prezzemolo,
olio extra vergine di oliva, sale.






Fate scaldare 3 cucchiai di olio con gli spicchi d’aglio spellati, unite i gamberi e fateli rosolare a fuoco vivo per un minuto. Bagnate con il vino e fate asciugare 3-4 minuti.

Prelevate i gamberi e sgusciateli tenendone qualcuno per la decorazione. (Se hanno le teste passatele con i gusci con un passaverdure, ottenendo un sughetto che rimetterete nella padella)

Nella stessa padella col fondo di gamberi, mettete la cipolla tritata finemente, la salsa di pomodoro, il peperoncino e qualche cucchiaio di acqua. Fate cuocere per 5 minuti, poi unite i gamberi sgusciati e i pomodorini tagliati a spicchi. Fate saltare a fuoco vivo per 2-3 minuti, regolate di sale.

Cuocete gli spaghetti al dente e fateli saltare nella padella col sugo, guarnite con i gamberi tenuti da parte e prezzemolo tritato a piacere.

Naturalmente la quantità di peperoncino dipende dai gusti, ma un po’ piccanti devono essere.
Inoltre il sugo deve essere abbondante, io sta volta ho esagerato con la pasta, ma erano buoni ugualmente.

Servite tenendo a portata di mano dei tovagliolini per salvare i vestiti … schizzano leggermente!
 
 
 
 

sabato 22 giugno 2013

FERRARI, FERRARA E LE MELANZANE ALLA BRACE


Sono tornata!

Mi sono assentata qualche giorno perché sono andata via con la mia famiglia. Veramente sono partita col proposito di postare anche in viaggio, raccontando i luoghi e le cose che andavo a vedere, volevo fare un vero reportage con tanto di recensioni di hotel e ristoranti, come uno di quei racconti di viaggio che tanto mi piacciono, ma non ce l’ho fatta: prima di tutto perché è stato veramente un tour de force, non ci siamo fermati un attimo, abbiamo sfruttato ogni singolo minuto, nonostante il caldo torrido; poi devo confessare che armeggiare col telefono per me è una scocciatura, già ho qualche problema col computer!!!

Così i miei buoni propositi di brava ed efficiente blogger sono andati in fumo. Ma vedrò di rimediare subito.

L’idea iniziale era quella di andare un paio di giorni a Ferrara a trovare degli zii di mio marito: i suoi nonni materni sono originari di Ostellato e lì hanno ancora dei fratelli.

Durante il viaggio però ci siamo fermati a Maranello al Museo della Ferrari, praticamente un pellegrinaggio religioso: mio figlio era eccitatissimo e mio marito non da meno.
Devo ammettere che è stato davvero entusiasmante: c’erano tutte le auto costruite dalla Ferrari, dagli esordi fino all’ultima nata (“La Ferrari”), con tanto di progetti, prototipi, motori in bella vista. Poi naturalmente le auto da corsa, tutte quelle che hanno vinto, i caschi dei piloti, le coppe … c’era persino la ricostruzione dei box e il simulatore!!

Mio figlio si è preso l’incarico di fare il reportage fotografico: circa 200 foto, praticamente ha fotografato tutto quello che c’era, anche il più piccolo bullone, forse ha saltato solo gli estintori …  forse!!

Il museo si trova proprio in centro a Maranello, che è un paese proprio carino, mentre la fabbrica rimane un po’ fuori. Prenotando in anticipo, tramite il sito internet, è possibile visitare parte della fabbrica e la pista, ma si viene accompagnati su un pulmino, ovviamente non si può scendere e meno che mai fotografare. Ma è comunque interessante.

 
 
 



 

 

 Nel tardo pomeriggio siamo arrivati a Ferrara, l’albergo era un po’ in periferia, in una zona commerciale, con tanti supermercati e concessionari. Era un palazzone imponente con un nome altrettanto imponente: Best Western Palace Inn Hotel. Faceva molto periferia di Dallas,  accanto c’era pure un mega fast food- barbeque-grill… ma eravamo nel delta del Po. L’esterno era un tantino scialbo: un parcheggione con aiuole spoglie… ma appena entrati … un altro pianeta: hall moderna e elegante, camera grande con lettone king size e terzo letto vero, non una branda, bagno spazioso, tutto nuovo e pulitissimo, infine una colazione da favola! Erano persino convenzionati con una SPA, ma noi non ne abbiamo approfittato, sarà per la prossima volta!

Si perché abbiamo passato due giorni a far visita agli zii, siamo dovuti andare a cena o a pranzo da ognuno di loro pena la scomunica … ma è uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare ;-)  In fondo lo faccio per dovere di cronaca …

E allora si inizia con la grigliata a casa dello zio Guerrino detto Cicci, un’orgia di costine di maiale e salsiccia … per passare dallo zio Emmio detto Pancho, con la zia Germana che ha fritto qualsiasi cosa le capitasse a tiro … per concludere con l’inossidabile Soraya, alias zia Eva, che all’età di 90 anni, tra un mese per carità, ci ha rimpinzato di salame all’aglio, cotechino e salama da sugo … robina leggera e rinfrescante!

Nonostante le libagioni e l’abbiocco post pranzo siamo riusciti anche a visitare Ferrara, che è una cittadina davvero bella: ha un meraviglioso centro storico circondato da mura rinascimentali ancora quasi intatte che si possono percorrere interamente, compiendo un giro di 9km. Consiglio vivamente di procurarsi una bicicletta, che è l’ideale anche per visitare il centro visto che alcune zone sono ZTL. Qui tutti girano in bici!

Noi abbiamo visitato la Cattedrale, con una bellissima facciata in stile romanico e gotico. Di fronte  si può ammirare il Palazzo Municipale, ex Palazzo Ducale, che risale al 1243 ed è stato la residenza degli Estensi fino al XVI secolo, quando si trasferirono nel Castello.









Naturalmente è d’obbligo la visita al Castello Estense, proprio nel cuore della città,circondato da un profondo fossato, è stato costruito nel 1385  inizialmente come una fortezza militare a protezione degli attacchi della vicina Venezia, del Vaticano, ma soprattutto dalle rivolte della popolazione stessa. In seguito divenne la residenza della corte subendo trasformazioni e abbellimenti. Lo si può visitare quasi interamente, compresa parte delle prigioni sotterranee.







Dal Castello, percorrendo Corso Ercole I d’Este, si incontrano moltissimi palazzi tutti risalenti al 1300 e 1400, tutti attribuibili alla famiglia estense, quasi tutti oggi sede di musei; uno per tutti il famoso Palazzo dei Diamanti, chiamato così perché è rivestito interamente da 8500  pietre sbozzate a diamante. Oggi è sede della Galleria d’Arte Contemporanea.

Altro luogo suggestivo è la Via delle Volte, il cuore della parte medievale della città, chiamata così perché i palazzi sono collegati da passaggi aerei che formano arcate e volti, appunto. Da vedere inoltre la Piazza Ariostea, che prende il nome dal famoso poeta, la cui statua svetta sulla colonna centrale: è di forma ovale, un po’ ribassata, è la piazza del Palio di S. Giorgio, nell’ultima domenica di Maggio.

 

 



 

Poco distante da Ferrara si trova Comacchio, una cittadina lagunare davvero deliziosa, attraversata da canali anche navigabili: ci si può infatti far accompagnare da qualche barcaiolo per un breve giro molto suggestivo; una meraviglia i Trepponti, un ponte seicentesco simbolo della città.
 
 



 
 

Venendo via da Ferrara abbiamo percorso la statale Romea verso Venezia che attraversa il Parco del Delta del Po, fermandoci per una breve visita all’Abbazia di Pomposa capolavoro di arte romanica. La comunità benedettina possedeva una delle più vaste biblioteche del tempo qui fu inventata la moderna trascrizione musicale.

 

 

Parlare della cucina tipica ferrarese in poche parole non è facile.  Non saprei da dove cominciare. Per cui farò come al solito che mi faccio trascinare e da una cosa ne penso un’altra con associazioni di idee a volte iperboliche.

Durante la mitica grigliata a casa dello zio Cicci ho mangiato anche delle semplici melanzane alla brace, ma non le classiche melanzane grigliate, tagliate sottili, queste erano un po’ diverse.

Si prendono delle belle melanzane grosse e si affettano, senza sbucciarle, spesse 3-4cm.
Si fanno dei tagli a scacchiera, si salano e si ungono con olio d’oliva, a piacere si infilano nei tagli dei filetti di aglio spellato. Poi si cuociono sulla griglia, meglio se sulla brace.
Alla fine diventano morbide e saporite.

 


Mentre le mangiavo ho pensato che con le stesse melanzane si può preparare il Purè di melanzane alla turca. Si elimina la pelle e si lascia sgocciolare la polpa di tre melanzane. Si schiaccia la polpa con la forchetta unendo a filo 3-4 cucchiai di olio e il succo filtrato di un limone, aggiustare di sale e pepe e servire con prezzemolo tritato.

Che poi è simile al Baba ghanouch mediorientale (Claudia Roden perdonami!): basta unire due spicchi d’aglio tritati (meglio spremuti), 3-4 cucchiai di tahina e qualche seme di cumino. Frullare tutto ed è fatta.

Ricette lette sul libro di A.Bay (Le ricette degli altri), ça va sans dire!

Come associazione di idee non è male!

giovedì 13 giugno 2013

E SE CARDINI FOSSE ANDATO A PRANZO DA CIPRIANI?

Eccomi qui a rimuginare sulla sfida di giugno del MtChallenge: la Caesar Salad.
Mica cotiche!
Okkei! Ce la posso fare! In fondo sono la regina delle insalate, appena la temperatura sale un pochino le propino ogni due per tre!
Perché sono fresche, gustose, sane e colorate … dietetiche? Dipende … le mie non tanto!

Ma qui si parla di un piatto mito, simbolo di un periodo d’oro, della bella società che si riuniva in ristoranti chic e pasteggiava a champagne. Epoca di pupe e gangters, di jazz e charleston.

A me, però, è venuto in mente un altro piatto mito: il Carpaccio Cipriani, quello dell’altrettanto mitico Harry’s Bar. Lo so che questo è nato molto dopo la Caesar Salad, ma tutti e due mi fanno venire in mente posti di classe, alla moda, pieni di gente che conta. Ma non perché sta su qualche copertina di rivista gossippara, ma perché ha fatto o detto cose importanti. gente che in qualche modo ha fatto la storia.

E poi l’Harry’s Bar è figlio di quel periodo li: mentre Cesare Cardini era in California a far fortuna ( e lì inventò questa insalata), in Italia Giuseppe Cipriani incontrava quel Harry Pickering che poi diede il via a tutto.

Cipriani negli anni venti lavorava in un Hotel di Venezia come barista, dove incontrò questo giovane americano con problemi di alcolismo, venuto in Italia con la zia. Dopo un litigio, questo Harry fu lasciato solo e senza soldi, così Cipriani gli prestò i soldi per tornare in America.

Dopo qualche anno Harry Pickering ritornò a Venezia, non solo restituì a Cipriani i suoi soldi ma lo aiutò ad aprire un bar di lusso: l’Harry’s Bar, appunto, che in poco tempo divenne ritrovo di artisti e intellettuali, uno per tutti Hemingway!

Pazienza se di fatto il Carpaccio Cipriani fu inventato più tardi, nel dopo guerra, ormai è entrato nel mito della ristorazione di alta classe. Come la Caesar Salad.

Tutto questo mi è venuto in mente in coda dal macellaio, mentre due signore argomentavano sull’origine del carpaccio, della carne all’albese o alla zingara. Improvvisamente  una rotellina del mio cervellino ha deto un'improvvisa accellerata... modestamente sembro un po' svagata, distratta e confusionaria ma certe volte ho una capoccia che fuma!!
Ho cominciato a pensare alla sfida, all'insalata, al carpaccio...temo anche a voce alta!! Dovevo assolutamente farla SUBITO!
Ho acquistato la carne, ma non ho trovato ne la salsa Worcester ne le uova fresche di giornata per fare la maionese. Visto che, come dico sempre io, in mancanza dei cavalli trottano gli asini, ho preparato questa ricetta:

 




 

 

 

INSALATA-CARPACCIO CON SALSA ALL’UOVO SODO.

 Per 3 persone:
300g carne magra affettata molto sottile (controfiletto),
200g insalatina mista (songino, spinacini, lattughino, rucola)
2 fette di pane casereccio,
6 cucchiai di parmigiano grattugiato,
1 spicchio d’aglio,
olio extra vergine di oliva, sale e pepe.

Per la salsa:
3 uova,
2 cucchiai di yogurt bianco,
1 cucchiaino di senape,
1 spicchio d’aglio,
1 cucchiaio di succo di limone,
olio extra vergine d’oliva.

 
Preparare la salsa: rassodare le uova per circa 8 minuti, farle raffreddare e sgusciarle.
Frullare un uovo intero e due rossi con lo yogurt, la senape, l’aglio spellato e schiacciato con lo spremi aglio, unire a filo 2-3 cucchiai di olio e il succo del limone. Amalgamare bene.

In una padellina antiaderente calda versare il parmigiano a cucchiaiate, quando è fuso lasciare che prenda un bel colore dorato, con una spatola prelevare le sfogliette e farle raffreddare in un piatto.

Lavare l’insalatina e disporla nei piatti, o in un piatto di portata, sistemare la carne a straccetti ( o a roselline) sull’insalata e condire con poco sale e pepe e un filo d’olio, mettere la carne in fresco per 10 minuti.

Nel frattempo tagliare il pane a dadini e farli tostare nella padella del formaggio, con un cucchiaio d’olio e l’aglio schiacciato.

Disporre i crostini di pane sulla carne insieme alle sfogliatine di parmigiano spezzettate,
completare con la salsa, fatta cadere qua e la con un cucchiaino.
Servire con l’altra salsa a parte.
Mescolare e mangiare.

 
A piacere si possono aggiungere gli albumi sodi avanzati, tagliati a dadini.

 

Oppure servire con la salsa originale del Carpaccio alla Cipriani:

200ml maionese fatta in casa,
1-2 cucchiaini salsa Worcester,
1 cucchiaino di succo di limone,
1-2 cucchiai di latte,
sale e pepe bianco.

Mescolare la salsa Worcester e il succo di limone con la maionese, unire il latte perché diventi bella fluida, aggiustare di sale e pepe.
 
 
 
 
 
 
 
Con questa ricetta partecipo alla sfida di giugno dell'MTChallenge
 

mercoledì 12 giugno 2013

CI VUOLE UN PIZZICO DI FORTUNA.

Nella vita ci vuole fortuna. Non c’è niente da fare. Uno si impegna tanto, studia, cerca di realizzare i propri progetti e poi le occasioni arrivano così, improvvisamente, magari quando si smette di cercarle.

Non voglio fare la fatalista, affermare che l’impegno e lo studio non serve, solo che a volte non basta: bisogna anche trovarsi al posto giusto, nel momento giusto e con le persone giuste.
Ditemi voi se la coesistenza di questi tre fattori non si chiama Colpo di Fortuna … perché dire culo non sta bene!!

Io tutto sommato posso ritenermi fortunata: ho scelto la facoltà sbagliata all’università ma grazie a questo errore ho conosciuto mio marito e ora abbiamo uno splendido figlio.

Abbiamo dovuto lasciare amici e famiglie per andare a vivere altrove, cambiando anche posto, ma abbiamo conosciuto tanti nuovi amici e abitudini diverse, i vecchi amici non ci hanno abbandonato, almeno quelli veri.

Ho dovuto abbandonare il lavoro per un po’, ma mi sono goduta mio figlio ed è una cosa meravigliosa poterlo vere crescere giorno per giorno.

Non ho avuto il colpo di … fortuna che cambia la vita ma tante piccole fortune che la rendono speciale!

Terminati i pensieri profondi,  passiamo alle cose pratiche che è meglio.
Però rientrano perfettamente nel discorso.

1° - Avevo degli albumi da far andare.

2°-  Avevo un po’ di tempo a disposizione per i miei esperimenti (come li chiama mio figlio).

3°-  Guarda caso (o fortuna) ho riordinato la scatola con le vecchie riviste di cucina, che non ho buttato nemmeno durante il trasloco, e lì in mezzo ce n’era una tutta sui dolci. Sfogliarla e ritrovare la ricetta giusta è stato un attimo.

Quindi cose giuste al momento giusto!
Non ho potuto tirarmi indietro.

 

 




BISCOTTI DELLA FORTUNA CINESI.

 
Per circa 30 biscottini.

3 albumi,
80g zucchero a velo,
90g farina 00,
45g burro,
2 cucchiaini di succo di limone,
1 pizzico di sale.

Con una frustina montare leggermente gli albumi con un pizzico di sale, unire lo zucchero, la farina setacciata e il burro fuso, unire anche il succo di limone e  mescolare bene.

Su due pezzi di carta forno disegnare dei cerchi di circa 8-9cm di diametro, rigirarli con la parte disegnata in basso e con questi foderare due placche da forno.
Distribuire la pastella nei cerchi in uno strato sottile, ne basta ½ cucchiaio per ogni cerchio.

Infornare a 180° per 10 minuti, togliere dal forno appena i bordi iniziano a colorire.
Staccare le cialdine con una spatola, mettere al centro un bigliettino arrotolato e piegare in due, poi ancora in due. Bisogna procedere velocemente, se si raffreddano diventano secchi e si rompono. Per ammorbidirli si possono mettere per un minuto nel forno.

Mentre sono caldi sono malleabili per cui io li ho messi a raffreddare nelle tazzine da caffè man mano che li preparavo. Una volta freddi non si aprono più.

Occorre ovviamente preparare delle striscioline di carta su cui scrivere aforismi, proverbi, frasi spiritose o benaugurali, a seconda dell’occasione in cui si preparano.

Una frase,che mi calza a pennello, potrebbe essere questa:
“Il solo momento buono per mangiare cibi dietetici è mentre si aspetta che la bistecca sia cotta”  Julia Child.



Consiglio: avvertire chiaramente della presenza dei bigliettini soprattutto se si ha un marito ingordo come il mio che tende a sbafarsi i dolcetti INTERI in un boccone !!! (Poi masticava guardandomi perplesso prima di potergli dire che il ripieno non si mangia!!!)